Maria Elia, l’ora della verità Nuovo esame e 5 indagati

La diciassettenne morì il 27 marzo 2022 al Santa Maria della Misericordia Fu fatto il possibile per salvarla? Fissato un incidente probatorio per il 5 aprile.

Maria Elia, l’ora della verità  Nuovo esame e 5 indagati

Maria Elia, l’ora della verità Nuovo esame e 5 indagati

Per la morte di Maria Elia, 17 anni, la Procura della Repubblica di Perugia ha iscritto nel registro degli indagati cinque nomi e fissato, per il 5 aprile, una nuova perizia, con la formula dell’incidente probatorio, per chiarire se per la giovane ragazza perugina è stato fatto il possibile, se poteva essere stato fatto di più. Se, come chiesto dai familiari, il trattamento Ecmo, ovvero l’ossigenazione extracorporea del sangue, avrebbe potuto scongiurarne il decesso.

Maria Elia morì il 27 marzo del 2022, nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Santa Maria della Misericordia, venerdì 25 marzo si era presentata al pronto soccorso perché aveva iniziato a respirare male, da qualche giorno aveva febbre e tosse. Le sue condizioni erano precipitate rapidamente, una volta intubata era stata trasferita in Terapia intensiva, per poi morire la domenica successiva. L’autopsia aveva accertato che a provocare il decesso della 17enne era stata la sovrapposizione di un’infezione che le aveva provocato una polmonite interstiziale, in fase iniziale, a cui si era aggiunta una seconda infezione, di tipo batterico da stafilococco aureo che aveva ampliato gli effetti degenerativi del quadro clinico, letteralmente andato a picco in poche ore.

A fronte di questo esito, la Procura della Repubblica aveva chiesto l’archiviazione del caso.

Archiviazione contro la quale si era opposta la famiglia, assistita dagli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza. Richiesta che il gip, a gennaio, ha accolto disponendo nuovi accertamenti investigativi. Tra cui la nuova perizia.

Ai periti Vittorio Fineschi e Monica Rocco chiede stabilire "se ci siano stati ritardi nella diagnostica, se le terapie sono state corrette e rispondenti alle linee guida o se la condotta del personale medico sia stata caratterizzata da imprudenza, omissioni, negligenza o imperizia in relazione alle cognizioni tecnico scientifiche che deve possedere il personale medico che si è occupato della paziente". Nello specifico, in relazione alla Ecmo, il giudice chiede ai periti di dire se, a fronte della patologia di cui soffriva Maria, "poteva essere attivata in un momento antecedente o ci sono stati ritardi", se c’erano possibilità che avesse efficacia e con quale probabilità o se, anche sottoponendo la giovane al trattamento, l’esito sarebbe stato lo stesso. Il giudice vuole sapere anche se potessero esserci stati degli impedimenti oggettivi all’ospedale di Perugia e se la richiesta di trasferimento a Firenze sia arrivata in tempi congrui o meno.

Il papà di Maria, Gennaro, che ha sempre combattuto la battaglia con l’unico sostegno degli avvocati Cozza e Gentile, vive questo momento con sentimenti contrastanti: la soddisfazione, pur sempre amara, che le indagini vengano ulteriormente approfondite e che trovi concretezza la convinzione personale che per Maria si potesse fare di più.