
La nuova mostra del museo perugino propone 50 capolavori dorati in un dialogo tra antichi maestri e artisti contemporanei
Il tempo dell’oro è l’eternità. Parte da questa scintilla la nuova, straordinaria mostra della Galleria Nazionale dell’Umbria, aperta da domani (inaugurazione oggi alle 18 alla Sala dei Notari) fino al 19 gennaio: “L’età dell’oro“, un viaggio lungo nove secoli di storia dell’arte, dal Medioevo ai giorni nostri, che celebra il dialogo tra i capolavori dorati del museo e le opere di artisti contemporanei nel segno del più prezioso dei metalli (nelle foto). In un’evoluzione del progetto presentato in primavera alla Ca’ d’Oro di Venezia durante la Biennale. "Ora il percorso si espande come opere e allestimento con un lavoro più approfondito e articolato" racconta Costantino D’Orazio, direttore Musei nazionali di Perugia - Direzione regionale Musei nazionali Umbria, che ieri ha svelato le meraviglie della mostra con le curatrici Alessandra Mammì, Veruska Picchiarelli e Carla Scagliosi.
“L’età dell’oro“ propone cinquanta capolavori di maestri antichi come Duccio di Boninsegna, Gentile da Fabriano, il Maestro di San Francesco, Taddeo di Bartolo, Niccolò di Liberatore, Bernardino di Mariotto, il Maestro del Trittico del Farneto, Bartolomeo Caporali e Jean du Vivier, in gran parte provenienti dalla collezione della Galleria, in dialogo con opere di grandi artisti contemporanei, come Carla Accardi, Burri, Mario Ceroli, De Dominicis, Yves Klein, Jannis Kounellis, Marisa Merz, Paladino, Pistoletto, Andy Warhol. E ovviamente Gustav Klimt che torna con “Le tre età“ dopo le indagini scientifiche che hanno accertato la presenza nell’opera di oro, argento e platino. "Questa mostra è un’esperienza di suggestioni e di provocazioni – prosegue D’Orazio – perché il rapporto temporale con opere d’arte di epoche diverse scuote la mente. E l’oro ci consente di guardare alle opere del passato con gli stessi occhi con i quali guardiamo il nostro contemporaneo".
Il percorso si snoda nella Sala Podiani e al piano superiore tra opere unite da ideali assonanze tecniche ed estetiche. L’impatto, visivo ed emotivo, è fortissimo grazie all’allestimento che fa “esplodere“ la stella chiusa proposta alla Ca’ d’Oro e la dilata in un gioco progressivo di rimandi, suggestioni, incontri e prospettive che esaltano il linguaggio universale dell’arte e i molteplici significati dell’oro. Alle pareti non ci sono pannelli, ogni visitatore avrà un libretto con mappa numerata e spiegazioni dei dialoghi. C’è anche un prezioso e ricco catalogo.
Tra i tesori della mostra la sua immagine simbolo, la Golden Marilyn di Andy Warhol accostata all’Angelo di Bartolomeo Caporali: grazie alla sacralità dell’oro il volto di Marilyn diventa icona e sfida l’immortalità. All’ingresso svetta l’Autoritratto d’oro di Pistoletto, a fianco tre scarabei stercorari sacri di Jan Fabre con simboli cristiani dialogano con uno splendido piviale ricamato del XVI secolo. All’interno della stella torna l’opera più iconica, il reliquiario di Cataluccio da Todi che accoglie la testina dorata di Marisa Merz. Le opere arrivano da importanti musei, spesso dopo un confronto diretto con gli artisti viventi, e tra i prestiti brillano gli ex voto realizzati da Yves Klein per il santuario di Santa Rita da Cascia.
E poi il dialogo a tre sull’idea della trama dorata tra un Gonfalone di Pinturicchio, “Le tre età“ di Klimt e un’opera di Paladino solcata da pomi d’oro. Ma anche la rilettura moderna di un Ecce Homo di un seguace di Bonfigli realizzata per l’occasione da Francesco Vezzoli. Fino al finale lirico e struggente dell’ultima sala, dove la Crocifissione della Pinacoteca di Terni di Niccolò di Liberatore incontra la “Tragedia civile“ di Kounellis: un attaccapanni che si staglia davanti a una parete ricoperta da 4.700 lamine d’oro. Di quest’opera sono esposte per la prima volta insieme, una di fronte all’altra, le due versioni, realizzate da Kounellis nel 1975 e nel 2009 con schegge di legno dorate al posto delle foglie.