
Paolo Sportoletti della sezione di Ematologia del dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università degli studi di Perugia
Una ricerca innovativa, pubblicata sulla rivista internazionale Leukemia, ha identificato un meccanismo fondamentale nella trasformazione della leucemia linfatica cronica in un linfoma particolarmente aggressivo e resistente alle terapie convenzionali denominato sindrome di Richter. Lo studio è stato condotto dal professor Paolo Sportoletti e dal gruppo di ricercatrici e ricercatori da lui coordinati, presso la sezione di ematologia del dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università degli studi di Perugia.
La ricerca ha beneficiato del finanziamento della Fondazione Airc e si è svolta in collaborazione con il gruppo guidato dal professor Paolo Prospero Ghia presso l’Irccs ospedale San Raffaele di Milano. Il meccanismo individuato - spiega l’ateneo perugino in una sua nota - consiste nella perdita del gene Bcor, che attiva la proteina Notch1, la quale a sua volta causa la trasformazione della leucemia cronica in sindrome di Richter. In conseguenza di queste alterazioni, inoltre, l’ambiente intorno al tumore cambia secondo una modalità che aiuta le cellule tumorali a crescere, proliferare e nascondersi dal sistema immunitario.
"Il modello murino che abbiamo sviluppato ci consente di comprendere meglio come una delle forme di leucemia più diffuse nel mondo occidentale possa evolvere in una forma più grave", spiega il prof. Sportoletti di UniPg. "Questa scoperta - sottolinea - potrebbe aprire la strada a nuove potenziali terapie mirate a contrastare la trasformazione della leucemia linfatica cronica nella più grave sindrome di Richter, intervenendo sia sulle cellule tumorali che sull’ambiente che le circonda. Abbiamo trovato un punto debole nelle cellule malate e cercheremo di usarlo per creare farmaci più efficaci". Nel lavoro pubblicato, inoltre, si dà conto dell’uso di un farmaco in grado di inibire la proteina Notch1, ottenendo una significativa riduzione delle cellule tumorali".