"In cucina ogni volta è quasi una fojata terapia, lasciamo fuori le preoccupazioni e ci divertiamo, anche se lavoriamo veramente tanto". Parola di Sabatina Desantis, una dei punti di riferimento della cucina della ‘Sagra della Fojata e dell’attorta’. Quest’anno la festa avrebbe compiuto la maggiore età, 18 anni, ma per il Covid la scelta della Proloco è stata di fare una pausa. Il modo di onorare la sua maestà la fojata, insieme alla sorella dolce, l’attorta, ci sarà lo stesso, attraverso ‘Una fojata pazzesca’, l’evento con stand e intrattenimento organizzato dal Comune e il coinvolgimento dei ristoratori nel centro di Sellano. Partenza dalle 17 con esposizione e vendita dei prodotti tipici locali e il mercatino dei bambini. Ci sarà la mostra di pittura ‘Fabio Maria Aghemo del Colle, il pittore delli santi’ presso il teatrino del centro storico.
Un modo, questo, per proseguire una tradizione che unisce: "La fojata – spiega Sabatina – è un piatto che veniva cucinato per l’Ascensione e per San Silvestro. Io ho imparato a casa, da mia madre e mia nonna. Ricordo ancora il giorno in cui i ragazzi della Proloco ci chiesero di aiutarli nel mettere in piedi la festa. E da lì tutto è partito". Tutti descrivono Sabatina come una trascinatrice, capace di tenere insieme le ventenni e le ottantenni. "Fare la fojata per la sagra di agosto – dice – è un lavoro che inizia almeno tre mesi prima. Per la pasta servono ovviamente acqua, farina, sale, olio e uova. Per il ripieno, bieta (se ne arrivano a preparare di solito anche 14 quintali), sale, olio, pepe e grana. Ma il segreto è come si stende la pasta, rigorosamente a mano. Poi non si disprezza la tecnologia, ma di certo la tradizione deve essere rispettata. "E’ bello portare avanti queste tradizioni, ma serve l’impegno costante di tutti".
In quasi vent’anni di fojata, tante sono state le soddisfazioni: "Ricordo con orgoglio il giorno in cui vincemmo una competizione contro la rocciata di San Giovanni Profiamma. Fu una vera gioia, che porto ancora con me. Così come i tanti complimenti di chi è venuto ad assaggiare i nostri piatti. In una di queste occasioni ci fu un signore di Spoleto, che veniva da Miami, giurato in una competizione, che diede un voto basso all’attorta perché non era in grado di riproporre la ricetta a casa". Tanto lavoro dunque, che però non fa sentire la stanchezza: "Abbiamo costituito un gruppo affiatatissimo, nessuno di noi rinuncia al lavoro alla Sagra per andare in vacanza. Io ogni giorno vado a prendere le signore che lavorano con me e le riporto a casa. In cucina, con i nostri compagni di lavoro, passano dolori e stress".
Alessandro Orfei