REDAZIONE UMBRIA

"Illegittimo impedire ai detenuti la vita affettiva". Sentenza della Consulta

Il Garante Caforio: "Tassello di civiltà aggiunto al nostro sistema carcerario"

"Illegittimo impedire ai detenuti la vita affettiva". Sentenza della Consulta

A un detenuto non può essere vietato di incontrare il partner non sottoposti al controllo visivo degli agenti di polizia penitenziaria se non violando la Costituzione e i diritti dell’uomo. Con la sentenza n. 10 i giudici della Consulta, sollecitati dal magistrato di Sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, hanno dichiarato l’illegittimità dell’articolo della dell’Ordinamento penitenziario che non prevede che la persona detenuta possa svolgere i colloqui con il coniuge - la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente -, senza il controllo del personale di custodia, quando, nessun motivo di sicurezza o disciplina, né ragioni giudiziarie, siano di impedimento a uno spazio di privacy. Antigone, l’associazione che si occupa dei diritti dei detenuti, parla di "sentenza storica".

"Finalmente, l’affettività e la sessualità non sono più un tabù. Così ci si avvicina ad altri Paesi che da tempo hanno previsto tale opportunità", commenta ancora. Il caso arrivato alla Consulta è quello di un condannato definitivo per tentato omicidio, furto aggravato ed evasione, che deve scontare la sua pena nel carcere di Terni fino al 2026. Non gode di permessi premio, ha accumulato sanzioni disciplinari, pertanto non ha nessuna possibilità per ora di avere rapporti sessuali con la sua compagna, dato che gli incontri in carcere si svolgono sotto la vigilanza permanente. Modalità che si traducono, secondo il giudice Gianfilippi che ha portato la questione alla Consulta, in un "vero e proprio divieto di esercitare la sessualità", in contrasto con più principi costituzionali.

Per il garante dei detenuti dell’Umbria Giuseppe Caforio (nella foto), la sentenza è "un tassello di civiltà aggiunto al nostro sistema carcerario". "La Corte ha pertanto riscontrato la violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, per la irragionevole compressione della dignità della persona causata dalla norma in scrutinio e per l’ostacolo che ne deriva alla finalità rieducativa della pena". "In sostanza – ha spiegato l’avvocato Caforio – nella comparazione delle diverse esigenze, la Corte fa prevalere quella della dignità della persona nei colloqui con i familiari e con gli affetti escludendo il controllo a vista sistematico e riducendolo ai casi motivatamente necessari. La strada è ancora lunga ma la via intrapresa è quella buona".