"Ho aperto io la Renault in via Caetani". Moro, parla il generale Cornacchia

Da anni vive a Foligno e al tempo ers il comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Roma

"Erano le 13.35 del 9 maggio del 1978 e in via Caetani, con un piede di porco, aprii il bagagliaio posteriore della Renault rossa amaranto. Dentro c’era il cadavere di Aldo Moro": il generale Antonio Federico Cornacchia, al tempo colonnello e comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Roma, ripercorre con l’Ansa un pezzo di storia italiana. Quella legata al ritrovamento del corpo dello statista. Originario di Monteleone di Puglia (Foggia) ma da decenni residente a Foligno dove nel 1960 ebbe il suo primo comando, negli anni ha scritto diversi libri sul caso-Moro, mettendo a disposizione di tutti - come ha già fatto nelle aule dei tribunali - ciò che sa ma anche ciò che pensa. "Perché – dice – le informative delle forze dell’ordine oggi sono asettiche, mentre al tempo oltre al quadro, dettagliatissimo, mettevano a disposizione dei magistrati anche la cornice. Ed era tutta un’altra cosa". Ma sulla vicenda di Aldo Moro, sul sequestro e l’omicidio, è stato detto tutto? "Sarebbe azzardato e ingenuo – afferma – rispondere sì. Nell’aprile del 1979, dalla morte di Moro era trascorso un anno, eseguii una perquisizione a carico di Licio Gelli, il cui nome non era ancora conosciuto né pubblicamente associato alla P2, nell’ambito dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. In quella circostanza mi chiese: ‘Ma lei si interessa ancora del caso Moro?’. Risposi sì, e allora Gelli: ‘Se mi permette, sapremo qualcosa quando io e lei non saremo più su questa terrà. Al che dissi: ‘Non mettiamo limiti alla provvidenza di Dio...’.".

La convinzione del generale Cornacchia è che il capo delle Br "Mario Moretti, così come gli altri protagonisti del sequestro e quindi del delitto, fossero eterodiretti". "Personalmente ho la coscienza a posto – aggiunge –, perché sono convinto che grazie agli straordinari collaboratori che abbiamo avuto in quegli anni, e parlo anche della Digos di Roma, sia stato fatto tutto il possibile e anche di più per trovare e salvare Aldo Moro. Ma poi ho dovuto constatare che il partito-Stato remava contro di noi e, anziché agevolarci, fece di tutto per mettersi di traverso".