REDAZIONE UMBRIA

Dante, la nobilità di ieri e di oggi

Operatori sanitari, scienziati, esercenti, lavoratori dello spettacolo, militari: i virtuosi dell’emergenza

A settecento anni dalla morte del suo autore, il poema di Dante è ancora attuale, e stimola continuamente riflessioni anche sul nostro presente. Quando in classe abbiamo letto il canto XVII del Paradiso, ci siamo interrogati su quale fosse il concetto di nobiltà in Dante, che qui si presenta come discendente dell’illustre avo Cacciaguida, nominato cavaliere addirittura dall’imperatore. Provenire da una famiglia famosa, i cui membri si erano distinti delle persone comuni: questo significava nel Medioevo essere nobile (che infatti allora si diceva “gentile”, dal latino gens = “famiglia”). Eppure nel Convivio, opera precedente alla Commedia, Dante aveva detto che la nobiltà non si può ereditare dalla famiglia, e che è invece il singolo individuo a dover dimostrare, con le sue azioni di ogni giorno, di essere nobile. Qual è dunque la vera nobiltà: quella di sangue o quella d’animo? Nella Paradiso Dante trova una sintesi di queste idee, e la esprime, come spesso accade, con una bellissima metafora: dice che la nobiltà di sangue è come un mantello prezioso a cui va sempre aggiunta della stoffa, altrimenti si accorcia di giorno in giorno, perché il tempo lo taglia come se avesse delle forbici (“O poca nostra nobiltà di sangue, Ben se’ tu manto che tosto raccorce: sì che, se non s’appon di dì in die, lo tempo va dintorno con le force” Pd XVI, 1 e 7-9). Ripensando a questo anno di pandemia, ci sono venute in mente tante persone che si sono comportate in modo nobile: gli operatori sanitari che hanno lavorato duramente per curare e assistere i malati; gli scienziati che si sono messi alla ricerca di un vaccino; i ristoratori, i baristi, i gestori delle palestre, i lavoratori del mondo dello spettacolo che hanno risentito più di altri delle chiusure e hanno comunque sopportato la situazione; le forze dell’ordine che hanno fatto rispettare le regole; la protezione civile e i volontari che hanno aiutato chi era in difficoltà; gli impiegati dei servizi essenziali che hanno continuato a lavorare; i cittadini che hanno accettato le misure restrittive e le limitazioni imposte alle loro vite; e in fondo anche noi, studenti e insegnanti, che ci siamo adattati ad una nuovo modo di fare scuola. Abbiamo quindi concluso che i nobili, ai nostri tempi, assomigliano alle persone di cui parla il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges nella poesia I giusti: persone che, spesso ignorate, fanno il loro dovere, e per questo “stanno salvando il mondo”. Borges era un grande appassionato di Dante, e proprio in questa poesia ricorda un famoso episodio della Commedia… Quale? Vi invitiamo a scoprirlo da soli, leggendo un testo moderno in cui ancora rivive la magia del poema dantesco!