LUCA FIORUCCI
Cronaca

Corsi di formazione fasulli. L’indagine della Finanza: in sette finiscono nei guai

Nel mirino delle Fiamme gialle anche quattro aziende: avrebbero beneficiato dei crediti d’imposta senza che le lezioni si siano mai tenute

Guardia di Finanza

Perugia, 20 aprile 2023 - Finti corsi di formazione per accedere ai benefici del credito di imposta previsti dalla Legge di bilancio 2018. Un giro d’affari quasi 57 milioni di euro, portato alla luce dalle indagini della Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura della Repubblica di Vallo della Lucania. Inchiesta nella quale sono indagate 7 persone residenti in Umbria, tra Perugia, Spoleto e Foligno, quattro le aziende coinvolte. Secondo le indagini, il giro di affari illecito sarebbe stato gestito da un sodalizio criminale con a capo un imprenditore cilentano che attualmente vive a Dubai.

Attraverso una società italiana e la sua gemella bulgara, entrambe operanti formalmente come società di consulenza e formazione per le imprese, avrebbe consentito ad altre imprese di avere accesso, indebitamente, al credito d’imposta formazione 4.0, attestando l’attività di formazione che in realtà non sarebbe stata mai svolta né in presenza né in forma telematica. Il sistema illecito sarebbe stato composto da una fitta rete di procacciatori d’affari che avrebbero le imprese indebitate con il fisco e avrebbero stipulato con queste dei contratti per formazione e consulenze. Con il presunto aiuto di alcuni delegati sindacali sarebbero stipulati dei fasulli contratti collettivi aziendali utilizzando marche da bollo false in modo da attestare i costi sostenuti dalle imprese e a retrodatare artificiosamente le stipule dei contratti stessi.

Gli addetti agli uffici delle due società avrebbero prodotto artificiosamente la documentazione necessaria per l’ottenimento del credito d’imposta, tra cui registri didattici delle presenze, l’autocertificazione del rappresentante legale dell’impresa beneficiaria, la relazione del docente sulla valutazione dell’attività del corso di formazione, con falsa attestazione dell’avvenuta formazione del personale. A quel punto, diversi professionisti avrebbero provveduto a rilasciare alle imprese beneficiarie la cosiddetta "asseverazione del credito d’imposta", certificazione obbligatoria. Ottenuto illecitamente il credito le aziende lo avrebbero portato immediatamente in compensazione per poi versare una percentuale alla società di Dubai. Gran parte dei profitti illeciti sarebbe stata successivamente reinvestita in altre attività o trasferita all’estero su conti correnti intestati a società riconducibili agli indagati, alcune di esse in Bulgaria, Lituania, Emirati Arabi e Malta.

Luca Fiorucci