REDAZIONE UMBRIA

Spariscono le preziose tovaglie perugine: «Gli antichi telai di Ceccucci vanno salvati»

L’artigianato di alto valore cede il passo all’industria e la fine è necessaria

PROTAGONISTI Mario Ceccucci e la consorte Maria Cristina. Sopra, un telaio

Perugia, 13 novembre 2015 - UN TAPPETO di foglie rugginose, tra il verde una villa che ha il profumo del ‘700, più in basso quello che era il laboratorio attivo, ricco di cose belle, in nome di un eleganza anche interiore. Chiuso tutto a doppia mandata.

FINISCE l’epoca dei Tessuti di Arte Antica Ceccucci legati a una tradizione tanto significativa da divenire storia della città e non solo. Mario, straordinario perugino purosangue, e la consorte Maria Cristina, ammainano la bandiera del gusto dopo lunga navigazione. Lo fanno a malincuore, logico, ma il loro lavoro (lento, metodico, di massima perizia) non va al passo con i tempi, con i costi. L’artigianato di alto valore cede il passo all’industria e la fine è necessaria.

L’IMPRESA è stata iscritta alla Camera di Commercio nel 1920 ma già funzionava da decenni a conduzione familiare. Prima sede a Monteluce, direzione affidata alle zie Ceccucci e Ginocchietti, una ventina di dipendenti, richieste immediate, successo crescente. La ditta riproduce i celebri arazzetti e le tovaglie perugine del Tre­Quattrocento in lino, cotone, seta. Studio e fantasia si uniscono per creare autentiche opere d’arte dai ricordi etruschi alla mitologia fino al Medioevo, torri, grifoni, draghi, falconieri, riprese da formelle della Fontana Maggiore. Un caleidoscopio di immagini sottolineate da colori adeguati e da altezze della tela da 30 a 180 centimetri. Stoffe che palpitano, attraggono lo sguardo come calamite. Mentre si tesseva c’era l’intervento del ricamo, semplice a dirsi molto meno a metterlo in pratica. Negli anni Settanta il laboratorio si trasferisce a Prepo, le vendite proseguono in tutt’Italia, nel nord dell’Europa,perfino in Australia.

CI SONO telai antichi, in seguito telai jacquard a battuta manuale. E poi la crisi strisciante, progressiva, inesorabile. Con sette lavoranti si insiste, ma le leggi del mercato sono troppo forti. Poco a poco si deve cedere. Restano una scorta che si assottiglia di prodotti magnifici e rari, inseguiti da privati soprattutto e i telai. Sei architetture interne che hanno quasi un secolo e raccontano vicende tramontate, dense di particolari, leve, meccanismi. Più un telaio meccanico del 1950. E qui sta il punto.

MARIO CECCUCCI stimato fino all’affetto pieno dai concittadini, attivo nelle istituzioni, partecipe alle istanze sociali, scrittore e poeta senza sofismi, depone l’ironia. Guarda la polvere che si addensa, commenta secco. Il desiderio suo e della signora Cristina sarebbe quello di non distruggere i telai, come a breve forzatamente accadrà. «Una volta smontati, dice, nessuno saprebbe rimontarli e una memoria perugina se ne andrà per sempre». Hanno bussato a varie porte, battuto diverse strade: molte parole, incoraggiamenti, sorrisi, strette di mano e basta. I telai andrebbero, anzi vanno salvati. Ceduti a titolo gratuito. I pochi tessuti rimasti, splendidi davvero, raccontano l’ultima pagina della vicenda. Triste.

Mimmo Coletti