
Addio all’artista che inseguiva i sogni Dall’Atelier alla conquista del mondo
di Domenico Coletti
È volato via in un attimo Franco Venanti, un arresto cardiaco ha posto fine ai suoi 92 anni di vita intensa e creativa. Dura e sconvolgente realtà per chi resta e gli ha voluto un bene profondo e un’ammirazione senza confini per la sua arte così legata ai sogni e alla realtà da diventare un diario pieno di fascini, sospiri, meditazioni, denunce. Se n’è andato come davvero fanno i giusti ed è difficile ora riavvolgere il nastro dell’esistenza di un maestro autentico che ha amato Perugia senza titubanze, amore spianato per la sua storia, i profili aguzzi, il colore delle pietre e dei conci etruschi, pronto comunque, come era, a sottolineare eventuali storture.
Era, Franco, un uomo vero, cristallino, che ha conosciuto il mondo volando dallo studio con le ali della geniale fantasia, tra ventate di ironia sottile e la bellezza della creazione. Continua, senza pause, fino all’ultimo con una meravigliosa fioritura intellettiva.
Tante cose ha prodotto, pensato, realizzato: era uno scrittore forbito, capace di andare a spasso nel tempo, infanzia, giovinezza e non solo, nel narrare con acume, garbo, nostalgia, e la sua biblioteca annovera tanti titoli da comporre un’enciclopedia personale, e poi il fiore all’occhiello della sua creatura, il Bonazzi, sede di incontri privilegiati, la partecipazione a mille episodi culturali e l’impegno civile, anche e soprattutto quando è stato consigliere comunale.
E ancora e ancora. Un Esiodo moderno anche e soprattutto nella pittura, dai colori il succo del pensiero, dalla linea la geografia dell’esistente anche se l’infinito è davvero a un passo e le costellazioni risuonano nel suo cielo. Via Bonazzi ha visto i suoi esordi nella casa del padre Domenico e nel sottostante negozio che era un centro di frequentazioni di ampio respiro, foto ingiallite della memoria, intelligenze vere e non annacquate. E di seguito la creazione dell’atelier, fino al più recente che era pure una galleria di opere. Il suo successo è stato senza confini, in Italia e all’estero.
Decenni e decenni di lavori tanto da far risultare improbo il riassunto in uno svariare di temi, un breviario dell’animo, una scoperta continua dell’universo.
E dunque la natura, esaltata e mai fondale amorfo, i personaggi estratti dal Medioevo tra corazze luccicanti e destrieri inarcati oppure i tronfi militari simbolo del potere meschino, fino ai ritratti delle donne dagli occhi di cerbiatta, la teoria del sacro con i suoi angeli che accompagnano la strada.
Figurativo convinto, tecnica smaliziata, sovrano padrone dell’armonia compositiva, Franco al cospetto della disgregazione dei costumi e delle tempeste aveva dipinto l’entropia, la trasformazione, la misura dell’equilibrio e pure del disordine. Accanto ecco la grafica e non secondario per carità il collezionismo. Di tutto purché di valore mentale.
A Deruta due settimane fa aveva terminato una mostra raffinatissima proprio dedicata all’espressione a lui cara. E due giorni fa un post per fare le condoglianze ai familiari di un giovane ex assessore con cui aveva condiviso conoscenza e orientamenti politici. “Che la terra ti sia lieve...“ aveva augurato a Francesco Calabrese senza immaginare che a poche ore dal suo funerale anche lui se ne sarebbe andato via in un attimo...
Pensieri cari e intensi come non mai alla moglie Zaira, ai figli Luca e Barbara.
Le esequie oggi in Duomo alle 15,30. Celebra il cardinale Gualtiero Bassetti. E’ il saluto della città intera, commozione e sospiri, parole non dette uscite dal cuore. Addio Franco.