Pizzi e Dantone, quando l'Orfeo conquista

L'opera di Claudio Monteverdi ha inaugurato il 63° Festival dei Due Mondi in Piazza del Duomo a Spoleto

Orfeo al Festival di Spoleto (foto concessa dall'ufficio stampa)

Orfeo al Festival di Spoleto (foto concessa dall'ufficio stampa)

Spoleto (Perugia), 21 agosto 2020 - Molta dell'attenzione del pubblico era rivolta a lui. Pier Luigi Pizzi, 90 anni, una lunga militanza sui palcoscenici come scenografo e regista, alla fine dell'Orfeo da lui concepito per lo spazio di Piazza del Duomo, è salito sul palco festeggiatissimo anche da cast e musicisti. Per l'inaugurazione del 63° Festival dei Due Mondi, la sua versione dell'opera di Claudio Monteverdi ha mostrato come il mito di Orfeo si adatti anche alla realtà contemporanea. Un gruppo di figuranti vestiti da tennis club in bianco arriva in bicicletta per assistere alla "Favola di Orfeo" come scritto sui manifesti, facendosi i selfie con il personaggio di Musica che appare a inizio opera e partecipando alle danze delle nozze tra Orfeo ed Euridice. 

E' mancata una scenografia tradizionale, ma in fondo Piazza del Duomo (con la splendida facciata dell'edificio di culto e le porte del Teatro Caio Melisso sulla sinistra utilizzate come ingresso all'Ade) ha valorizzato l'essenzialità della musica di Monteverdi, Essenziale quanto straordinaria, come evidenziato dal recitar cantando affidato al cast. Qui ha svettato l'Orfeo di Giovanni Sala, un tenore di esperienza che si muove agevolmente anche in registri più bassi e che si è comunque calato perfettamente nel ruolo di primus inter pares previsto dal libretto di Alessandro Striggio (citiamo tra gli altri il Caronte autorevole di Mirco Palazzi).

Ma a sorprendere ulteriormente (fino a un certo punto, dato che la fama è ampiamente meritata) è stato il lavoro di Ottavio Dantone e dei suoi musicisti dell'Accademia Bizantina. Il direttore, che sedeva anche al clavicembalo, ha mostrato di tenere in mano saldamente tutta la partitura, anche quando i cantanti erano lontani dall'orchestra. Bella anche l'idea di far arrivare in un secondo momento gli ottoni a inizio spettacolo, ma soprattutto è stato il lavoro di insieme di tutti gi strumentisti che si sono messi al servizio di una delle pagine fondamentali della storia musicale. Una favola antica e moderna al tempo stesso grazie a passione, amore e morte, motori di ogni sceneggiatura che colpisce al cuore di chi vede e ascolta.