La scomparsa di Giancarlo Cardini: "Afferravi il senso nascosto delle parole"

L'attrice Consuelo Ciatti ricorda il pianista e compositore toscano a quasi un mese dalla sua scomparsa

Giancarlo Cardini è morto

Giancarlo Cardini è morto

Firenze, 20 agosto 2022 - Pianista, compositore, uomo di teatro: a fine luglio in Versilia la scomparsa di Giancarlo Cardini. L'attrice pratese Consuelo Ciatti lo ricorda con questa toccante lettera che volentieri pubblichiamo.

"Questa lettera, Giancarlo, non avrei voluto scriverla in memoriam; mi sarebbe piaciuto dedicartela ad vitam, riconoscente per avere avuto la fortuna di incontrarti: avremmo dovuto riderci su insieme di questo mio omaggio un po’ sentimentale, con la tua bella risata ironica e intelligente, un po’ afona, davanti ad un orzo “.... in tazza .... grande.... con una fettina .... di arancia ...’’. Il nostro lungo rapporto, basato su una stima sincera e durato ben venti anni, dava per scontato che avremmo continuato a collaborare artisticamente all’infinito. E invece il nostro infinito è stato interrotto bruscamente dalla tua scomparsa. Ancora non riesco a capacitarmi di questa notizia scioccante, scoperta online, e senza accorgermi mi viene da passare in rassegna alcuni punti salienti del nostro rapporto, come in un film.

Se ripenso al nostro primo incontro nella tua casa fiorentina ancora accuso un colpo. Era presente anche tua moglie quando ti consegnai un’audiocassetta da ascoltare con calma: alcuni studi vocali frutto del lungo studio con Gabriella Bartolomei. Non ho mai capito come sia potuto accadere, ma tu mi chiamasti dopo qualche giorno dicendomi che avevi diligentemente ascoltato entrambi i lati, e che erano ‘vuoti’. Non c’era niente....!!! Molto Cageiano, dico adesso. Lì per lì ho provato solo sgomento e vergogna. Non ricordo se io abbia riparato; ricordo però che dopo qualche tempo ci siamo incontrati per caso vicino a Ponte Vecchio, dietro Piazza Pitti (io vivevo lì vicino, in Oltrarno), e mi dicesti: “Mia moglie mi lasciato...’’, seguito da una delle tue lunghissime pause. “Sto lavorando molto”, hai continuato. “Sto scrivendo la musica su alcune poesie di Aldo Palazzeschi per un nuovo concerto, e pensavo a te perché vorrei che le poesie fossero interpretate da una voce femminile: avresti qualcosa di tuo da farmi ascoltare?’’. Memore del nostro recente trascorso con l’audiocassetta vuota, dissi subito “Stavolta ho un cd! Te lo faccio avere quanto prima.” Nel frattempo, infatti, avevo pubblicato un breve cd audio, estratto dal mio Concertato per voce e pianoforte “Per Amelia Rosselli,” con musiche dal vivo di Mauro Castellano, grande pianista, pupillo di Sylvano Bussotti. Devo avertelo spedito al volo per posta, l’indomani. O ti ho mandato un bel piccione viaggiatore, con il cd legato a una zampa? Io so che poco dopo abbiamo cominciato a provare in casa di Caterina Venturelli, tua allieva, che aveva un pianoforte a coda e che suonava a quattro mani con te in questo progetto. In scena poi ci sarebbero stati anche: un quartetto, un tamtam, un direttore d’ensemble, oltre ad alcuni giocattoli sonori da te azionati. Così è nato ‘‘I Prati del Paradiso’’ nel 2002, che ha debuttato a Foggia e che è stato un lavoro di grande ispirazione e bellezza. Vera poesia musicale. O musica poetica. “I Prati del Paradiso” ha avuto altre due edizioni in Toscana, con Contempoartensemble: nel 2008 al Teatro Magnolfi Nuovo di Prato; e nel 2009 al Ridotto del Teatro Comunale di Firenze, per la Festa della Toscana. E anche quest’ultimo teatro, lo storico Teatro Comunale di Firenze, non esiste più, a dimostrazione che in un soffio vita volat...

Comunque, ti ricordi a Prato? Il Teatro Magnolfi è piccolo, conta i famosi 99 posti; ma ricordi come era strapieno? Proprio come se si fosse trattato di un concerto rock, il pubblico stava seduto anche per terra e arrivava in piedi anche oltre la porta d’ingresso. Veramente sembra un sogno. A Firenze, l’anno dopo, abbiamo potuto contare anche sulle splendide luci del bravissimo light designer e caro amico Valerio Alfieri, e così il concerto è diventato uno spettacolo a pieno titolo. Ovvio che tu sai cosa successe qualche giorno prima di quest’ultimo debutto a Firenze, ma non te lo raccontai nei dettagli, per non farti preoccupare. Avevamo a disposizione 2/3 giorni per l’allestimento al Ridotto del Comunale, e il primo giorno avevo un appuntamento in teatro di mattina presto con Valerio per parlare delle luci, stabilire un disegno di massima e impostare il montaggio. Ero in bicicletta sul ponte Amerigo Vespucci, con una bicicletta non mia, una mountain bike, bici che non ho mai amato, peraltro; e, tra l’altro, tutto questo con una bicicletta normale non sarebbe successo. Pedalavo, come al solito di corsa e piena di fagotti, borse, fotocopie, cellulare in mano, quando la manica della giacca mi si è impigliata al freno destro, creando una frenata a secco della ruota anteriore: la bici, facendo perno su questa ruota bloccata, si è catapultata in avanti, con un giro completo di 360° e con me sopra; io mi sono ritrovata sbattuta per terra, sentando fare un toc sordo alla mia testa sul lastrico stradale. Pausa. Gente che si ferma, ambulanza, e io mi ricordo piangente, chiedendo di chiamare mio marito, con cui tra l’altro ci stavamo separando, perché avvisasse in teatro e andasse lui nel pomeriggio a portare Rachele a danza. Arrivati al pronto soccorso, il mio pensiero fisso era che dopo due giorni ci sarebbe stato lo spettacolo, e invece io ero lì sdraiata in ospedale.... Fra l’altro, una delle poesie, ‘Lasciatemi divertire’, era da farsi praticamente tutta su un piede solo.... L’unica cosa che riuscivo a fare era piangere, e dalla mia posizione sdraiata le lacrime mi scendevano calde dentro le orecchie e dietro il collo. A un certo punto, sempre dalla mia barella, sento dire e sussurrare da dietro, e poi ripetere più volte a volumi diversi: ”Palazzeschi...”. Ma come fanno a sapere di Palazzeschi, pensavo...?!? Questo pensiero mi ha fatto distrarre e calmare un po’. Prima di essere fortunatamente dimessa qualche ora dopo, ho scoperto che ‘Palazzeschi’ era riferito a una certa signora Palazzeschi, che in quel periodo era solita capitare al pronto soccorso ....!!! I casi della vita!

A parte un bel bernoccolone grosso e violaceo, che da lontano non si sarebbe visto, dopo un giorno e mezzo di assoluto riposo mi sono rimessa in piedi; ma la cosa più importante è che sono riuscita a fare lo spettacolo, e soprattutto a fare, come da mio copione, ‘Lasciatemi divertire’ su un piede solo!

Caro Giancarlo, tornando a giorni meno lontani, come mi sono sentita in colpa per non avere avuto la forza contrattuale (o qualche santo in paradiso, giustappunto) per portare il nostro Palazzeschi all’Auditorium di Roma! E come se lo sarebbe meritato questo nostro lavoro! E come ci sarebbe stato bene! E come ormai non avrebbe più senso, senza di te in scena che, oltre al pianoforte a quattro mani, a un certo punto caricavi quel carillon/giostra-di-fili-colorati a tutto giro e lo lasciavi suonare per interi minuti di ascolto rituale, fino alla fine dei suoni, sempre più radi, che sembravano finire ma poi riprendevano come a inceppo, per arrivare al silenzio totale. Era “La vecchia del sonno”. Ho sempre pensato che un’azione teatrale del genere in un concerto fosse propria solo di un genio. Che privilegio è stato lavorare con te. E che gratificazione immensa per me sentirti sussurrare in prova, fra le labbra: ‘Bellissimo!” su qualche parte del testo, e molto spesso in un particolare punto di ‘La veglia delle tristi’.

Tu riuscivi ad afferrare la musicalità e il senso nascosto delle parole. Penso che tu sia stato, insieme a pochi altri, la persona che abbia apprezzato il mio lavoro con maggior profondità e acume. E non posso che esserne onorata. Che dire poi del nostro nuovo progetto su ‘Le onde’ di Virginia Woolf, che stava appena appena iniziando? Le onde, il tuo testo del cuore e dell’anima: “Il libro più bello che ho letto” (cit.). Ti avevo chiesto di inviarmi i punti dal libro che tu amavi di più, e adesso queste fotocopie con sottolineature tremolanti sono l’unica cosa che mi resta.... Sto decidendo di farne una partitura vocale per voce sola, a te dedicata, senza musica, ovvio; probabilmente solo con dei suoni. Intanto voglio pensarti con il tuo amato colbacco russo, che indossavi rigorosamente anche in piena estate. Io ti ricordo infatti così ad uno dei nostri ultimi incontri prima del mio trasferimento a Roma, con il tuo colbacco in testa, sarà stato giugno o luglio, seduti fuori a un tavolino di un bar in Piazza della Repubblica a Firenze. E mi impegnerò a pubblicare online qualche altra poesia dal nostro Palazzeschi: nello spettacolo erano otto poesie e su YouTube ce ne sono solo tre. Sarà un piccolo, estremo tentativo di rendere un po’ di giustizia a questo bel lavoro che ormai non si vedrà più. E che non ci eravamo mai decisi a registrare in studio, rimandando sempre, ma ripromettendoci di farne un cd. E così Wikipedia lo cita ‘inedito’, pur avendo avuto tre diverse edizioni dal vivo".