Morte di Erriquez, l'intervista del 2013: dalle chitarre al rugby, raccontò il suo mondo

Riproponiamo un articolo pubblicato da La Nazione otto anni fa

Erriquez durante l'intervista (Fotocronache Germogli)

Erriquez durante l'intervista (Fotocronache Germogli)

Firenze, 15 febbraio 2021- Il 28 aprile 2013 La Nazione pubblicò un’intervista a Enrico “Erriquez” Greppi per la rubrica “A casa di”. La riproponiamo in ricordo del musicista scomparso il 14 febbraio. «La mia casa? E’ perfetta: da un lato nessuno, dall’altro mia madre. E poi c’è una lavatrice solidissima che può funzionare anche 48 ore di seguito quando torno da un tour».

Fiesole è oggi il luogo di residenza di Enrico Greppi, per tutti Erriquez, la cui vicenda musicale da 20 anni coincide esattamente con quella della Bandabardò. Il gruppo fiorentino, invece di affrontare un «neverending tour» per festeggiare ha deciso di prendersi le pause che talvolta servono a chi fa attività musicale. Per pensare ad altri progetti e guardarsi intorno, a partire dalla casa in cui si gode una bella vista verso sud.

Venendo da un paese estero come il Lussemburgo, com’è stato l’impatto?

«In questa città sono arrivato da studente e ci sono rimasto. Basti pensare a cosa era la Firenze degli anni ’80 e quindi ciò che di vario offriva la vita in centro con altri compagni d’avventura».

Aveva già l’idea di fare il musicista?

«Provenivo dagli studi classici, dal violino. Quindi quando ho voluto provare la chitarra, è stato subito facile impararla ed eseguire canzoni. Lo facevo per divertimento, poi è arrivata la possibilità di coinvolgere altre persone e iniziare così a fare questa attività che è diventata la mia professione».

Dal centro a Fiesole, come mai?

«Lussemburgo è una capitale di piccole dimensioni. Quando uscivo per strada incontravo almeno 10 persone. A Fiesole ho trovato un’atmosfera simile: esco e conosco la gente, ci sono tutti i servizi e i negozi essenziali. E in pochi minuti raggiungo Firenze».

La casa è anche un luogo di lavoro?

«Lo è per quanto riguarda la composizione dei brani. Quando scrivo la musica è più facile, lo è meno per i testi. Ma questo è un fatto personale, dato che mi piacerebbe avere un Mogol con il mio stesso spirito che mi togliesse l’incombenza di trattare le parole».

Qui vi riunite anche con il gruppo?

«Non per le prove musicali che facciamo al Parsifal di Sesto, ma qui si sono svolte tante discussioni sui nostri progetti. Inoltre c’è una foto a cui sono molto affezionato ed è quella per il lancio dell’album Bondo Bondo, scattata subito fuori dalla porta».

Nell’arredamento della casa di un musicista di sono anche tanti strumenti…

«Prima di tutto le chitarre: sono sette, a partire da Bibi, che da sempre è con me. Si chiama così senza riferimenti a B. B. King, Brigitte Bardot o alla stessa Bandabardò. Poi due ukulele, un banjo a sei corde, tastiere e la fisarmonica, uno strumento che amo moltissimo».

Non mancano ovviamente i dischi…

«E’ vero, ma di due terzi dei cd che vede potrei fare a meno. Non ho il culto del disco come oggetto, però a certi ascolti non posso rinunciare. Primi fra tutti Georges Brassens e Fabrizio de André. E poi ci sono i vinili».

C’è qualche ascolto nuovo che consiglia?

«Sto lavorando insieme a un gruppo che mi piace molto, I matti delle giuncaie, la cui musica riesce a portare l’ascoltatore in mille luoghi diversi. Per quanto riguarda i musicisti francofoni seguo un duo chiamato Fabulous Trobadors».

Mettiamo da parte la musica, c’è un’altra passione che è evidente nella casa di Erriquez?

«Il rugby, uno sport che vedevo sin da ragazzo in televisione con le partite del torneo delle 5 nazioni. A Firenze ho cominciato a frequentare il Padovani: mio figlio si è subito appassionato a partire dal primo allenamento. Ma soprattutto gioco nella squadra degli adulti con la quale ho debuttato anche in Galles. Sono riuscito a far allenare una volta con me anche Piero Pelù».

Il rapporto con la cucina?

«Splendido, perché è uno dei piaceri della vita. Come regalo della maturità ho chiesto a mio padre una cena in un ristorante francese di lusso. Poi mi ritengo bravo a cucinare, specialmente piatti che riesco a preparare in un quarto d’ora».

Concludiamo in musica, cosa farà la Bandabardò nel 2013?

«Dopo tanti concerti, saremo impegnati in filmati e documentari sulla nostra attività. Con un appuntamento speciale al festival di Giffoni».