
Il sindaco Piero Pii orgoglioso di essere al timone di questa comunità straordinaria "Vincere sarebbe un riconoscimento meraviglioso. Affrontiamo la sfida con determinazione".
Colle di Val d’Elsa sogna in grande: intervista al sindaco Piero Pii sulla candidatura a Capitale Italiana della Cultura.
"Vogliamo raccontare al mondo chi siamo. Colle ha l’energia, il cuore e la visione per essere un faro culturale nazionale".
Sindaco Pii, come nasce l’idea di candidare Colle di Val d’Elsa a Capitale Italiana della Cultura?
"Nasce da una convinzione profonda: Colle ha tutto ciò che serve per ambire a questo ruolo. Non è solo una città d’arte, è un luogo che vive e respira cultura ogni giorno. La sua storia, la sua anima artigiana ed anche industriale unita alla sua capacità di rigenerarsi fanno di Colle un unicum nel panorama italiano. Candidarci è stato naturale, quasi doveroso. È un atto di orgoglio e di fiducia in ciò che siamo e possiamo diventare. Colle non vuole restare ai margini: vuole essere protagonista, con la forza delle sue radici e la freschezza delle sue idee. E vogliamo farlo con coraggio e concretezza, non con slogan vuoti".
Su quali elementi avete costruito il dossier di candidatura?
"Abbiamo puntato sui nostri pilastri identitari: il patrimonio storico-artistico, l’eccellenza del cristallo – che ci rende famosi nel mondo – e una vivacità culturale che sorprende chiunque venga a conoscerci. Ma c’è di più. Abbiamo raccontato una città laboratorio, fabbrica appunto, capace di trasformarsi, di accogliere il contemporaneo senza snaturare la propria anima. Colle è un ponte tra il Medioevo, il Rinascimento ed il futuro, tra il territorio e l’Europa. È una città che sa innovare a partire dalla tradizione, un luogo che crea valore a ogni livello".
Il territorio ha risposto con entusiasmo?
"In questo momento stiamo costruendo un percorso partecipativo vero, aperto a cittadini, associazioni, scuole, imprese. Non è una candidatura scritta da pochi: stiamo raccogliendo idee, ascoltando proposte, attivando energie. L’obiettivo è trasformare questa partecipazione in un metodo di lavoro stabile, in un modello che continui a coinvolgere e a generare valore per tutti, ben oltre l’anno della candidatura. La cultura, per noi, è questo: un processo collettivo, non un evento da guardare, ma un cammino da costruire insieme. Una sfida da affrontare con entusiasmo e responsabilità".
Qual è il messaggio che volete lanciare al Paese?
"Che Colle ha una storia con la ’S’ maiuscola e continuerà ad averla. Inoltre, che la bellezza autentica, non omologata, può ancora parlare forte. Il nostro slogan è “La cultura che unisce” e non è solo uno slogan: è la nostra missione. Vogliamo mostrare come la cultura possa essere collante sociale, leva economica, motore per la rigenerazione urbana e umana. In un tempo di fratture, Colle propone coesione, dialogo, energia creativa. Un messaggio universale che può partire da una piccola-grande città".
E se Colle non dovesse essere scelta?
"Non sarà una sconfitta, ma l’inizio di una nuova fase. Il percorso intrapreso ha già generato visione, sinergie, consapevolezza. Il dossier sarà un piano d’azione concreto che porteremo avanti comunque. Vincere sarebbe un riconoscimento straordinario, ma ciò che abbiamo costruito resterà. Anzi, continuerà a crescere. La città non si fermerà: continuerà a investire in cultura, a coinvolgere, a progettare. E questo cammino è già, di per sé, una vittoria per tutta la comunità".
Che futuro immagina per Colle di Val d’Elsa?
"Voglio vedere una città fiera della propria unicità, aperta, curiosa, viva. Una città dove i giovani restano, creano, innovano. Dove la cultura è ovunque: nelle scuole, nelle piazze, nelle botteghe, nei festival. Sogno una Colle che sorprende, ispira, attrae. E credo con forza che questo sogno sia già cominciato. Vogliamo diventare un punto di riferimento anche per altri territori che cercano un modello sostenibile e umano di crescita".
In che modo questa candidatura può cambiare il modo in cui i cittadini di Colle guardano alla propria città?
"Credo che il cambiamento più profondo sia proprio questo: far riscoprire ai cittadini l’orgoglio di appartenere a una comunità così ricca di storia, talenti e visione. La candidatura è un’occasione per guardarci con occhi nuovi, per riconoscere il valore di ciò che spesso diamo per scontato. È una chiamata all’azione, al protagonismo civico. Abbiamo visto nascere entusiasmo, partecipazione, idee da parte di chi magari non si era mai sentito parte attiva della vita culturale cittadina. Questo senso ritrovato di appartenenza è forse il più grande risultato che possiamo ottenere, e il più duraturo. E rappresenta il seme di una città ancora più consapevole e inclusiva".