Dakar, rally e Africa: Luciano Pegoraro si racconta

Intervista / «Sono un inguaribile amante delle moto». Oggi ha ancora la passione di un tempo: «La prossima primavera sarò in Tanzania»

Luciano Pegoraro alla Parigi-Dakar del 1991

Luciano Pegoraro alla Parigi-Dakar del 1991

Lui si definisce un “dakariano” e già così sembra spiegare tutto. Parola di Luciano Pegoraro, appassionato da sempre di moto, grande sportivo che, nel corso della sua “carriera” motociclistica, ha partecipato anche alla celebre e iconica Parigi-Dakar. Oggi Luciano è un 71enne in formissima che continua a cimentarsi in adrenaliniche esperienze motoristiche in Africa, per puro divertimento e in compagnia di veri amici che, con lui, condividono la passione per le due ruote. Al momento della nostra intervista, Luciano è a Pantelleria, a godersi le atmosfere di un’isola che ti conquista. I suoi aneddoti e le sue storie, rapiscono a tal punto che rimarresti lì ad ascoltarlo per ore. Un concentrato di esperienza (e di passione per i motori) che immediatamente ti affascina. Il racconto non può non iniziare dal 1991: «È, quello, l’anno della mia ultima Parigi-Dakar – ricorda con emozione Pegoraro –, la vera Parigi-Dakar, una competizione durissima, organizzata su 18 giorni e 14.000 chilometri da percorrere. Sono stato terzo di categoria. Un’annata speciale, quella del ’91, perché fu l’ultima senza strumentazioni. Mentre oggi si fa tutto con la tecnologia. Ricordo che, per orientarmi, io viaggiavo con la bussola». Luciano, con quale stato d’animo affrontava questa iconica corsa? La Parigi-Dakar è una competizione che mette a dura prova. «Non c’è dubbio. Allora affrontavo questa corsa con un innato spirito d’avventura. Che poi, credo, rappresenti lo stato d’animo migliore per approcciare bene una competizione del genere. Solo così, puoi goderne appieno. La Dakar era un’incognita, un’esperienza molto difficile ma enormemente gratificante. Ho fatto rally in tutto il mondo, ma il fascino della Dakar rimane unico. Per me è la gara regina, quella che mi ha regalato le sensazioni più forti». Oggi è molto diverso, vero? «Sì, decisamente. Oggi ci sono bellissime gare, non c’è dubbio. Ma sono gare di motocross, dove la velocità e la prestazione la fanno da padrone. Quando partecipavo io, la Parigi-Dakar era un’avventura, così come voleva la filosofia della vecchia organizzazione. Io, quando partivo, per chilometri e chilometri non incontravo nessuno lungo il percorso. La paura di non arrivare era tanta. In quei momenti dovevi fare affidamento solo su te stesso, sulla tua forza d’animo. La mia solitudine era la mia forza. Sapeste quante volte ho pensato, durante la gara, di arrendermi, di mollare tutto. Ma poi subentrava il carattere, la personalità, la voglia di spingermi oltre i limiti. E ti sentivi dentro una forza e un’adrenalina che ti permettevano di scacciare subito i pensieri negativi». C’è qualcosa che la Dakar le ha insegnato? «La Parigi-Dakar per me è una scuola di vita. Mi ha insegnato a non mollare mai. Ricordo che, durante le giornate di gara, dovevo anche affrontare momenti, per così dire, tragicomici: una marea di contrattempi, rotture del mezzo, perdite dell’orientamento. È stata dura. Ma sono sempre riuscito a cavarmela. E oggi, quel “non mollare mai”, l’ho trasferito come filosofia di vita». E, negli ultimi anni, Luciano Pegoraro nutre ancora la passione di un tempo? «Accidenti se ce l’ho. Sono un inguaribile amante della moto. Nel 2019 e nel 2020, tanto per cominciare, ho portato a termine due Africa Eco Race. Da Monaco e Dakar. Gare che hanno ripercorso in parte i vecchi tracciati della Parigi-Dakar. Per me, in un certo senso, è stato un po' come tornare alle origini». Le esperienze africane non finiscono qui.. «Io ho una passione speciale per quel magnifico continente. Mi accompagnano tanti ricordi belli. E tanti successi memorabili, come le due vittorie al Rally di Tunisia e una vittoria di categoria nel Rally dei Faraoni. In più, vorrei citare anche la partecipazione a decine di altri rally internazionali». Cosa l’affascina di più dell’Africa? «I suoi paesaggi meravigliosi. I suoi colori. Il calore dei suoi luoghi. Mi faccio ancora bei giri in moto nel deserto. Ultimamente, assieme ad alcuni amici pistoiesi sono stato una settimana in Marocco, sulle Dune del Merzouga. Un’esperienza emozionante, con un gruppo eccezionale. Assieme a noi, c’erano giovani di 20 anni e splendidi sessantenni: è proprio vero che il deserto lega e unisce persone di tutte le età». Programmi per il futuro? «Sono appena tornato dalla Namibia. Tremila chilometri di fuoristrada. Emozioni fortissime. L’ho fatto in sella a una moto non troppo performante, per godermi appieno lo spettacolo di questi luoghi. Ma non finisce qui: nel corso della prossima primavera sarò con la mia moto in Tanzania. Non vedo l’ora. Il conto alla rovescia è già iniziato».