Rocco, presidente di tutti Passione e concretezza Ora è scoppiato l’amore

Dagli inizi, alle critiche, alla costruzione del Viola Park e alla battaglia per lo stadio. Commisso è andato avanti per la sua strada e si è conquistato stima e rispetto.

Rocco, presidente di tutti  Passione e concretezza  Ora è scoppiato l’amore

Rocco, presidente di tutti Passione e concretezza Ora è scoppiato l’amore

di Giampaolo Marchini

Schietto, diretto, passionale, geniale, ambizioso, allergico alle critiche, ma estremamente determinato nel costruire e difendere quello che ha realizzato nella sua vita. Professionale e non. Un uomo che si emoziona, Rocco Commisso in tutto quello che fa, perché come diceva il celebre procuratore sportivo Dicky Fox nel film Jerry Maguire, "se questo è vuoto (indicando il cuore), questa non ha importanza (la testa)". E non solo nello mondo dello sport.

Per ripercorrere questi quattro anni di proprietà viola bisognerebbe avere a disposizione un volume perché dal 6 giugno del 2019 la Fiorentina è entrata in un turbine di emozioni e una sola certezza: Commisso non è un presidente come gli altri. E’ proprio uguale a nessuno. Non potrebbe essere altrimenti. E’ il primo che va dritto per la sua strada nel processo di crescita della società. La sua vittoria più bella, aspettando quelle in campo, è sicuramente la realizzazione di Viola Park: la sua creatura. Fortemente voluta e tirata su anche a costi lievitati in modo esponenziale. Lui non si è tirato indietro. Anzi. Ha rilanciato. Lo avrebbe fatto anche per lo stadio, ma in questo caso il suo ormai celebre "Fast, fast, fast", si è scontrato con logiche incomprensibili per uno che viene dagli Stati Uniti. Praticamente da Marte rispetto alle logiche burocratiche di casa nostra.

Ecco perché anche la frase "Mettete voi i soldi e fate come volete, con i migliori architetti del mondo. Con i soldi di Rocco, si fa quello che dice Rocco. Nel rispetto delle leggi, ovviamente", tratteggia al meglio il Commisso pensiero. Fare e non ragionare, soprattutto senza arrivare a una soluzione concreta. Prendere decisioni che potrebbero essere impopolari, ma fatte per la ’ragion di Stato’ (cedere Vlahovic a gennaio), ma anche combattere battaglie contro altri club nel nome delle regole economiche da far rispettare per salvare il calcio italiano da una deriva pericolose. Assumere posizioni che altri potrebbero pensare e ritenere scomode, soprattutto poco vantaggiose, non lo spaventa. Pensate quanto accade in Lega.

Impossibile fermare Rocco quando coniuga la concretezza tutta americana alla passione tutta italiana. Un mix che lo ha di fatto trasformato in un imprenditore di successo, emigrato come tanti quando in Italia, negli anni ’60, si era costretti a guardare altrove per ritagliarsi un posto al sole, lontano dalle proprie radici che però non lo hanno sempre tenuto ben legato alla Calabria e alla sua Marina di Gioiosa Ionica. Quale modello è il più giusto? Impossibile dirlo, certo è che alla fine Commisso è diventato un imprenditore entrato stabilmente nella classifica di Forbes. Il presidente viola, in ogni caso, è sempre rimasto se stesso. Quello che si faceva chiamare Rocco come quando era ancora in Calabria, rimanendo con i piedi per terra, ora che potrebbe mandare qualcuno a fargli la spesa, invece di presentarsi lui stesso al supermercato sotto casa a prendersi qualcosa da cucinare per la cena. Immaginatevi voi Berlusconi o De Laurentiis fare lo stesso.

Ma il calcio non è una scienza esatta e talvolta non sempre le cose in campo vanno come uno se le aspetta o programma. Eppure se i principi adottati negli affari – in questo caso da Commisso – sono validi, possono essere ricalcati anche nel pallone. E allora se lo stadio è "il mio più grande fallimento", Italiano è una sua vittoria, sempre "difeso anche quando qui qualcuno lo criticava". La più recente esternazione del numero uno viola.

La questione stadio proprio non gli è andata giù, così come le critiche che mal digerisce e sopporta, senza far niente per nasconderlo, quando pensa che abbiano secondi fini. E’ fatto così, Rocco, lo dicevamo prima, è schietto e diretto senza mezze misure. Talvolta troppo, come il suo amore per la Fiorentina, deciso a portarla sempre in alto, strizzando l’occhio al bilancio e ai ricavi, sempre e comunque da aumentare, pur avendo investito non poco fino a qui.

Firenze non è da mano. Ipercritica a prescindere, e capace di slanci impensabili: "Mi fate piangere, non riesco a proprio a parlare", le parole mentre all’aeroporto di Peretola era travolto dall’affetto di ritorno dal trionfo di Basilea. Una gara che ha regalato a Commisso e alla Fiorentina la seconda finale di coppa, quella del 7 giugno di Conference a Praga. Questo però è il futuro.

Il presente è questa finale di Coppa Italia che potrebbe restituire al club viola un trofeo che manca ormai da tanti, troppi anni. Certo, vincerla completerebbe un percorso fantastico, ma Rocco una vittoria l’ha già centrata: aver difeso davanti a tutti e tutto il suo gruppo, dirigenziale e sportivo. "Prendetevela con me", il suo mantra aziendale; sapendo che i suoi lo avrebbero ringraziato sul campo.

"Tocca a Rocco aggiungere acqua e alimentare di nuovo una passione che si era riaccesa. Commisso si gioca buona parte della sua dote, se non tutta con la città", il pensiero ricorrente della piazza e della critica dopo le cessioni eccellenti e risultati che all’inizio di questa stagione stentano ad arrivare. Beh, mancano ancora due partite per capire se bisognerà fare spazio nella sala dei trofei. In ogni caso, per quanto riguarda la passione, missione compiuta.