A 12 anni, la nostra età, ha fatto quello che ironicamente ha definito lo “strappo migratorio” della sua vita. A Siena, fin dagli anni ‘70, si è impegnata come attivista nel movimento femminista nazionale e internazionale. Ha contribuito alla nascita di diverse associazioni con l’obiettivo di modificare la condizione delle donne. Dal 2006 svolge attività di docenza, progettazione e ricerca-azione nell’Associazione Atelier Vantaggio Donna e continua il suo impegno femminista nel movimento Nonunadimeno, parte attiva di un più vasto movimento internazionale. Ci ha raggiunto nelle nostre classi virtuali per concederci un’intervista.
Il senso di ‘femminicidio’?
"L’origine della parola risale al 1976, quando Diana Russell, esponente del movimento femminista internazionale, dichiarò ufficialmente:” Il femminicidio è un omicidio di donna per mano di un uomo” In Italia questo termine comparve nel 2006, quando le associazioni italiane chiesero un reato specifico per la violenza contro le donne. Questo termine indica che una donna viene uccisa perché non si attiene agli stereotipi della società sessista, i cosiddetti “stereotipi di genere".
Esistono forme di violenza meno trattate rispetto a femminicidi e stupri?
"Si, esiste la grande categoria delle violenze intime praticate da un membro della famiglia. Violenza psicologica, fisica, verbale o economica, la meno conosciuta ma la più esercitata, che consiste in una stretta forma di controllo che impedisce alla donna per esempio di lavorare. La donna ha difficoltà a denunciare perché confonde l’amore con la violenza o perché ha paura di ritrovarsi da sola di fronte alla società. La società ha un ruolo molto importante, si parla infatti di “responsabilità sociale“. La violenza contro le donne è praticata in tutte le culture, infatti l’ONU ha dichiarato: ‘La violenza contro le donne comprende tutti quei comportamenti che ledono o danneggiano il corpo della donna, la sua sessualità, la sua identità, la sua autostima, la sua autonomia, la sua spiritualità’".
Che ruolo hanno i social?
"Purtroppo possono essere dannosi. Il “Revenge porn” è la diffusione di immagini intime senza il consenso della donna. I “Body shaming” sono discorsi di odio verso il corpo di una donna. Il web agisce spesso in anonimo e lascia segni profondi".
Cosa sono le “narrazioni tossiche” e il ruolo della stampa?
"Per narrazione tossica intendiamo un racconto dei fatti che rafforza il pregiudizio. Un esempio sono gli articoli di giornale riguardanti la violenza. Spesso viene riportato il punto di vista del colpevole; ciò sposta la responsabilità dell’atto sulla vittima che quindi subisce due volte (si parla di rivittimizzazione). Una parte della stampa sta ponendo l’accento su questo aspetto, come ad esempio l’’associazione “Giulia”