Erano state tremila le persone che, dal 28 settembre al primo ottobre 2019, avevano partecipato al rave party in località la Draga, a due passi dalla diga mai ultimata di San Piero in Campo, nel comune di Radicofani. Una festa dal titolo ’Borderless sound explosion Vol6’, non autorizzata, che costrinse le forze di polizia ad un monitoraggio costante, cinturando l’area, finché il rave non levò le tende. Erano arrivati da ogni angolo d’Italia e anche dall’estero ma i cinque imputati nel processo che si è concluso ieri davanti al giudice Simone Spina in quella campagna favolosa non c’erano in quei giorni. Non si trovavano proprio a Radicofani, nel cuore del Parco artistico naturale e culturale della Val d’Orcia. Assolti perché il fatto non sussiste, dunque, con formula ampia i quattro uomini e una donna difesi dall’avvocato Mattia Alfano di Firenze che il 15 marzo scorso aveva chiesto che venissero giudicati con rito abbreviato, dimostrando che alcuni si trovavano altrove quando si svolse il rave. La giovane lavorava in una struttura ricettiva, un altro imputato addirittura era in Grecia. "Per quasi due anni pc e cellulari sono rimasti sotto sequestro", sottolinea a margine il difensore che ha sempre ribadito l’estraneità dei suoi assistiti a quell’evento che provocò una levata di scudi di cittadini e istituzioni locali. Un rave che aveva danneggiato l’immagine della Valdorcia e anche l’attività turistica: venne organizzato persino un summit fra sindaci dell’area interessata e prefetto per chiedere che non si ripetesse mai più.
I cinque imputati erano accusati di aver invaso arbitrariamente il terreno di proprietà di una donna di Pienza che era parte offesa nel processo ma non si è cosituita parte civile. Tutti presenti ieri al terzo piano di palazzo di giustizia. Per loro il pm Alberto Bancalà aveva chiesto la condanna ad un anno e 9 mesi. Dopo mezz’ora di camera di consiglio il giudice Spina, come detto, li ha assolti con formula piena.
Laura Valdesi