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Torture a Ranza, chieste pene più lievi: "Ma non c’era bisogno di tali eccessi"

Il procuratore generale della Corte di appello ritiene giusto che siano comprese fra 3 anni e 10 mesi e 4 anni

Il procuratore generale della Corte di appello di Firenze Ettore Squillace Greco ha chiesto di ridurre le condanne agli agenti accusati di tortura per un episodio avvenuto nel 2018 a Ranza

Il procuratore generale della Corte di appello di Firenze Ettore Squillace Greco ha chiesto di ridurre le condanne agli agenti accusati di tortura per un episodio avvenuto nel 2018 a Ranza

di Laura Valdesi

SIENA

Il reato commesso da cinque agenti della polizia penitenziaria resta quello, tortura. Per il trattamento riservato a un detenuto tunisino di 31 anni durante un cambio di cella nel carcere di Ranza a San Gimignano nell’ottobre 2018. Ma le richieste di condanna del procuratore generale Ettore Squillace Greco nel processo di appello che si celebra a Firenze risultano ridotte rispetto alle pene inflitte dal tribunale di Siena nel marzo 2023. Per i cinque, accusati a vario titolo oltre che di torture anche di falso e minaccia aggravata, erano state infatti di 6 anni per un ispettore superiore, altrettanti per un ispettore capo e 6 anni e mezzo per un pari grado. Per due assistenti capo, poi, rispettivamente 5 anni e 11 mesi e 5 anni e 10 mesi. Il procuratore Squillace Greco ieri ha invece chiesto 4 anni per un imputato, 3 anni 11 mesi e 10 giorni per altri due della penitenziaria, infine 3 anni 10 mesi e 20 giorni per i restanti due imputati. Bisognerà però attendere ancora per la sentenza di uno dei casi più delicati degli ultimi tempi perché viene contestato il reato autonomo di tortura, ancora più grave se a compierlo è un pubblico ufficiale. Si riprende il 5 novembre quando parlerà l’avvocato Michele Passione del Garante nazionale per i detenuti che è una delle sette parti civili. Quindi la parola passerà ai due difensori dell’ispettore superiore, gli avvocati Fabio D’Amato e Federico Bagattini. Il 12 novembre udienza per la difesa degli altri quattro imputati rappresentati dall’avvocato Manfredi Biotti.

"Non c’è dubbio che il detenuto colpito con pugni, calci e schiacciato a terra per circa 40 secondi sia stato sottoposto ad inutili quanto acute sofferenze fisiche. Gli operatori professionali non avevano certo bisogno di ricorrere a tali eccessi per spostare un piccolo uomo che esce tranquillamente dalla sua cella, convinto di andare a fare la doccia. Ma hanno commesso i fatti in una situazione che è stata pacificamente riconosciuta come difficile" all’interno del carcere di San Gimignano, ha argomentato il procuratore generale. Sottolineando inoltre che risulta "evidente che la persona offesa, trascinata per il corridoio tanto da perdere i pantaloni e così, in mutande, ancora trascinata fino ad una cella, dove è stata di nuovo picchiata e lì lasciata mezza nuda senza neanche una coperta, abbia subito un trattamento inumano e degradante". Per il procuratore Squillace Greco "è stata un’operazione con finalità dimostrative e deterrenti, non un semplice trasferimento di cella" ma si è sviluppata in pochi minuti, a parte il lasso di tempo in cui il detenuto è rimasto in cella in mutande e senza coperte. Le lesioni causate sono limitate". Di qui la richiesta di riduzione della condanna.

"Apprezzabile, seppure non mi trovi d’accordo sulla qualificazione giuridica del fatto, la conclusione del procuratore che ha riconosciuto come doverose le attenuanti generiche. Ovviamente restiamo fermi – commenta l’avvocato Biotti – sulle considerazioni già espresse in primo grado relativamente al fatto che difettano gli elementi costitutivi del reato di tortura".

L’udienza in corte di appello si è conclusa con l’intervento delle altre sei parti civili: Associazione L’Altro diritto, Associazione Yairaiha e Antigone, naturalmente l’avvocato del detenuto tunisino, il Ministero della giustizia e il legale di un altro carcerato.