di Laura Valdesi
SIENA
Impressionante. Decine e decine gli episodi di compravendita di droga, soprattutto cocaina ma anche hashish e marijuana, avvenuti fra Sinalunga e la Valdichiana aretina fra febbraio e dicembre 2021. Un giro su cui avevano messo gli occhi i carabinieri della compagnia di Montepulciano con arresti e denunce. Conclusa l’inchiesta coordinata dal pm Siro De Flammineis, 17 i nomi degli imputati (fra cui tre donne) per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio davanti al gup Sonia Caravelli. Sono accusati di spaccio, a vario titolo, alcuni anche del furto di catalizzatori che sul mercato nero potevano fruttare mille euro. In un caso si contesta la detenzione abusiva di armi. Ad un 37enne che vive a Sinalunga, infatti, gli investigatori hanno trovato una pistola senza matricola che non era stata denunciata. E’ stata necessaria ieri un’udienza molto lunga per consentire a ciascuno dei 17 imputati di fare le proprie richieste. Solo dopo le 14 il gup ha fissato a febbraio l’udienza fiume nel corso della quale tutti, a parte due che faranno l’udienza preliminare, discuteranno il rito alternativo scelto per essere giudicati. In tutto dunque tredici – fra patteggiamento e rito abbreviato - perché un altro paio hanno chiesto ed ottenuto la messa alla prova. Tanti i legali ieri in aula, da Monja Salvadori a Massimiliano Pinsuti, da Stefano Del Corto ad Alessandro Mori, a Luigi Moscarino.
A finire al centro dell’operazione ’Edicola’ – così battezzata dai carabinieri perché era stato un luogo di riferimento per i militari ma anche per gli stessi indagati – padre e figlio residenti a Sinalunga, unitamente alla ragazza di quest’ultimo, tutti e tre difesi dagli avvocati Andrea Mugnai e Daniele Chiezzi. Il padre, che si trova tuttora in una struttura di recupero per problemi di droga agli arresti domiciliari, ha chiesto il rito abbreviato. Revocato invece l’obbligo di dimora per il figlio, che nell’aprile scorso era finito in carcere, a seguito di un’istanza dei suoi legali. L’inchiesta era partita proprio quando il padre era finito in cella e il figlio che usciva dall’abitazione denunciato perché trovato con alcune dosi. Il pm De Flammineis aveva compreso che dietro quell’episodio si nascondeva di più. Ed erano scattate intercettazioni, pedinamenti, fino a mettere telecamere nelle case e microspie sulle macchine.
Anche se era un altro il punto di riferimento dello spaccio, molto fiorente e che vedeva, stando ai riscontri della procura, alcuni clienti sniffare più volte al giorno magari solo per apparire più brillanti. Vale a dire un 39enne, apparentemente irreprensibile e lavoratore, ritenuto particolarmente scaltro.