LAURA VALDESI
Cronaca

Noto contradaiolo morto, due medici a giudizio. Ammesse sette parti civili

Il senese, 49 anni, era deceduto in una struttura di riabilitazione del Valdarno. L’avvocato della madre: "Doveroso l’approfondimento dibattimentale"

Simone Corbelli, ex ristoratore e autista di Tiemme, aveva 49 anni

Simone Corbelli, ex ristoratore e autista di Tiemme, aveva 49 anni

Siena, 9 maggio 2024 – Tanti amici e una grande commozione nel Nicchio per l’addio a Simone Corbelli, nel 2020. A soli 49 anni era morto in una struttura sanitaria di riabilitazione nell’Aretino. I contradaioli avevano accompagnato il feretro fino alla Costarella per il saluto alla Piazza. La madre accanto alla bara con una foto del figlio ed una rosa rossa in mano. "E’ sempre stata presente in aula per seguire la vicenda giudiziaria. Posso solo dire che è soddisfatta dell’approfondimento dibattimentale che sembra serio e doveroso", osserva l’avvocato Alessandro Bonasera a cui la donna si è affidata dall’inizio dell’inchiesta aperta dalla procura per fare chiarezza sulla morte di Corbelli. Il gup Chiara Minerva ieri infatti ha rinviato a giudizio due medici del policlinico Le Scotte, difesi dagli avvocati Vincenzo Bonomei e Riccardo Lottini. Complessivamente sette le parti civili ammesse, tutti familiari del 49enne, ex ristoratore e autista di Tiemme, assistiti dagli avvocati Alfredo Fiorindi e Patrizia Mucciarelli e dal loro collega Bonasera. La scorsa udienza era stata chiamata in causa anche l’Azienda ospedaliera universitaria senese che si è infatti costituita in giudizio.

Il processo per capire se la morte di Corbelli poteva essere evitata si aprirà l’11 ottobre prossimo con l’ammissione delle prove. C’era stato un esposto già nell’autunno 2019, e gli investigatori avevano svolto accertamenti nel massimo riserbo. Poi, nel febbraio 2020, Corbelli non ce l’aveva fatta. Tutto era iniziato quando il 30 settembre precedente era giunto in ambulanza alle Scotte perché non si sentiva bene. L’attenzione degli inquirenti si era concentrata in particolare sulle fasi di dimissione del paziente che sarebbero state volontarie. Con la promessa di tornare il giorno seguente per effettuare un altro accertamento. Secondo la procura – l’inchiesta è stata coordinata dal pm Niccolò Ludovici – avrebbe dovuto essere stato correttamente informato della delicata situazione e dei rischi che correva prima di lasciare il policlinico. Tanto che poi Corbelli entrò in coma, venne quindi ricoverato nella clinica di riabilitazione dove è poi spirato.