REDAZIONE SIENA

Schiaffi e calci a disabile Video incastra il badante

Confermata in appello la condanna a due anni e sei mesi di reclusione Fondamentali le telecamere di videosorveglianza installate contro i ladri

di Laura Valdesi

SIENA

Facile prendersela con chi non può reagire. Non ce la fa fisicamente ma neppure riesce ad organizzare la difesa. Semplice colpire con schiaffi e calci chi tanto resterà in silenzio per via della disabilità. Servono amore e un oceano di pazienza, invece di barbarie e botte. Occorre comprensione, piuttosto che urla. Ecco perché la storia di un 60enne valdelsano con problemi psico-fisici fa venire i brividi, al di là della condanna, confermata ieri anche in appello a Firenze, del suo badante per maltrattamenti. Due anni e sei mesi per quelle botte assestate su chi non ce la faceva a ribellarsi alle angherie della persona che avrebbe dovuto tenerlo nell’ovatta ed essere una protezione. Invece fra le mura di casa si trasformava in aguzzino, se non obbediva agli ordini. Il pm in appello ha chiesto la conferma della sentenza emessa dal giudice Jacopo Rocchi, più 15mila euro di risarcimento per cui non c’era stata impugnazione da parte del difensore Francesca Massi. In aula ieri l’avvocato Alfredo Fiorindi che assiste la parte civile. Era stato lui, insieme all’amministratore di sostegno del disabile, a correre in procura nel 2017 quando avevano visto che il 60enne veniva picchiato. C’era la prova inossidabile. Arrivata quasi per caso. Nell’abitazione dove viveva, infatti, era stato installato un impianto di videosorveglianza. Serviva contro i malintenzionati. Anti-ladri. Aveva svelato un retroscena inquietante. Mostrando infatti alcuni episodi in cui il badante dava calci al disabile, scapaccioni.

Ecco perché l’uomo, mite nonostante i problemi psico-fisici, all’improvviso era diventato ombroso. Taciturno. Si era spento. Nessuno immaginava che quando restavano soli scoppiava l’inferno. Veniva maltrattato dal 50enne siciliano che lo accudiva. Non era stato facile comprendere quella violenza. Le botte ripetute che non meritava. Finché erano apparsi i lividi. E si era accesa la lampadina nella testa dell’amministratore di sostegno. Mai avuti, cosa era accaduto? Veniva maltrattato? Interrogativi a cui non riusciva a dare risposta. Mancavano le prove. Poi si è ricordato dell’impianto di videosorveglianza. Guardati i filmati, la cruda verità.

Il resto è storia: la denuncia in procura, l’inchiesta e la condanna del badante in primo grado. Adesso confermata anche in appello. Una vicenda che deve far riflettere. E spingere chi ha propri cari disabili a tenere sempre la guardia alta. Perché loro non possono difendersi. Dipendono da altri. Hanno bisogno di carezze e affetto. Non meritano calci come fossero un pallone sgonfio.