Sulle note barocche del contrabbassista Paolo Benelli, la nuova performance artistica ideata da Paolo William Tamburella, proseguita ieri per tutto il pomeriggio, ha accompagnato verso la conclusione la sua mostra Àitason, che ha trasformato gli interni di Palazzo Chigi Zondadari in un’installazione artistica composta da un trionfo di viti che attraversa i saloni fino ad affacciarsi su Piazza del Campo. La mostra rimarrà allestita ancora fino all’8 dicembre, ma ieri gli sguardi passanti, turisti e semplici curiosi si sono fermati in un’insolita domenica pomeriggio sulla finestra dalla quale provenivano le note di Benelli, proprio accanto al balcone lungo il quale si sviluppa l’intreccio armonioso dell’opera di Tamburella. Un grande abbraccio verde, un omaggio alla natura, una visione che ha avvolto da giugno gli interni settecenteschi del palazzo come una pianta cresciuta nel corso dei secoli in uno straordinario connubio di arte e natura. Àitason è infatti una parola etrusca, che descrive la coltivazione della vite sugli alberi, una tecnica anche conosciuta come ‘vite maritata’, per il legame stretto che si crea tra la vite e l’albero attorno al quale si avviluppa per sostenersi. Un’installazione scultorea, realizzata per la seconda edizione di Contemporanea, ospitata dalla Fondazione Palazzo Chigi Zondadari nella sua ‘casa’, dove questo intreccio di viti, provenienti dalla Toscana e dalla Francia, si sviluppa partendo da un vaso, attraverso la corte e le pareti, fino a proiettarsi nello spazio esterno, in una moltitudine di rami che avvolge le finestre, i balconi e le opere della collezione in una suggestiva continuità. "L’installazione scultorea di Paolo William Tamburella diventa un’opera d’arte unica – aggiunge la curatrice Valentina Bruschi, nel suo saggio per il catalogo – in cui l’intreccio di viti, dalle dimensioni sorprendenti, innestato nell’architettura settecentesca del palazzo, sembra celebrarne la magnificenza in un elogio dei secoli trascorsi e del tempo che vede l’elemento naturale porsi in simbiosi con la dimora, come se l’avesse abitata da sempre".
Riccardo Bruni