E così un anonimo sabato si è aperto, come una improvvisa voragine, alla tristezza di una notizia che sferza la città di ricordi: la scomparsa della marchesa Aurora Misciattelli ci rende tutti partecipi del dolore della famiglia e della sua Contrada, la Torre. Ci ha lasciato a Luriano, l’antica tenuta di famiglia, quella di palpitanti leggende di fantini e cavalli e non poteva essere altrimenti. Quel Luriano fra i boschi che sfumano lievi in Maremma. E come accade in questi frangenti, per sapere che cos’è la felicità ci vuole la tristezza, per apprezzare il silenzio ci vuole il rumore e per comprendere il valore della presenza è necessario il baratro dell’assenza. Ricordare che è stata la Capitana dal 2002 al 2008, vittoriosa dopo 44 anni, dopo la madre anche lei vittoriosa nel 1961, è fare colore e non sostanza. La marchesa, che aveva 84 anni, è sempre stata accanto alla sua Torre, oltre il ruolo, oltre ogni possibile merito, soprattutto nei momenti più difficili, oltre la gloria conquistata sul Campo: l’esserci con illuminata e dolcissima costanza è stata nella sua vita la più bella dichiarazione d’amore ai torraioli. Ma è un vuoto che ci coglie tutti: sta alla nostra sensibilità ricordare quella terrazza nello splendido palazzo di famiglia, in Piazza, sempre palpitante di persone e nomi altisonanti, oltre che d’amore. Ricordare la sua senesità garbata e gentile, l’apparente distacco dalla più feroce passione e rivalità, che ci insegna proprio che fra il dire e il fare c’è sempre e ancora la affettuosa presenza. Certo la notte appena annunciata di quel 16 agosto 2005 sarà il suo biglietto da visita per una eterna felicità di ricordi: la folla pigiata ai piedi del Palio, i tamburi che le facevano da ala, mentre dai tetti a terrazza di Salicotto si affacciavano curiosi tanti cristiani che mandavano baci e abbracci. Se avesse avuto il tempo di guardare in alto, al cielo, non le sarebbe sfuggita una densa nuvola di pece che annunciava la notte: la prima notte dei torraioli dopo oltre quarant’anni di troppa luce. Adesso sappiamo tutti che poi si alzò un gran vento che spaccò in due quella nuvola nera, quando dal sasso bianco del Duomo uscirono festosi con le bandiere cremisi: un quadro a lei dedicato che fece da contro altare al cielo turchino della notte. E in questa assurda e imperscrutabile profondità della vita, dove il dolore sopravanza subito la sorpresa della notizia, meglio si apprezza la bellezza di essere una vera comunità, dove finiamo sempre per ritrovarsi, perché, come ci ricorda Sant’Agostino, coloro che ci hanno lasciato, qui più che mai, non sono degli assenti, sono solo degli invisibili: tengono i loro occhi pieni di gloria puntati nei nostri pieni di lacrime. E sono certo, anzi certissimo, che nello spalancarsi di questo improvviso autunno, tutti i torraioli hanno ieri avvertito una carezza lieve.
Massimo Biliorsi