Minucci: "Più antipatico a Siena che fuori"

L’ex vertice della Mens Sana presenta il suo libro ’Memorie Sospetti Bugie’. "Non cerco vendette, ho fatto tutto per la società"

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"Ho sbagliato? Sì. Tornassi indietro lo rifarei? No. Ma mi sento colpevole di un reato che ho fatto a favore della Mens Sana. Il resto sono invenzioni e calunnie che io nel libro cerco di confutare. Ho fatto un errore e ne pago le conseguenze, altri si dovrebbero vergognare". È uno dei passaggi della conferenza stampa in cui Ferdinando Minucci ha presentato il suo libro ’Memorie Sospetti Bugie’. L’ex general manager della Mens Sana dice di non cercare vendette, ma ne ha un po’ per tutti.

"Non mi muovo per vendetta, dico quello che penso, non devo difendere il lavoro di nessun altro, solo di me stesso. Mi assumo la responsabilità di quello che dico. La vendetta hanno tentato di farla gli altri, evidentemente gli otto scudetti in dieci anni davano noia. E come si è visto vincere gli scudetti dopo le Final Four non è così semplice. Mi sorprende essere stato più antipatico a Siena che fuori".

Il momento chiave, quello in cui è iniziata la fine, Minucci lo spiega così: "Ho sempre lavorato nell’interesse della Mens Sana - ribadisce più volte -. Il Monte dei Paschi a dicembre del 2012, dieci giorni prima che venisse fuori la famosa indagine Timeout, mi fa telefonare da Valentino Fanti dicendo che non avrebbero pagato i premi. Avevamo già fatto la squadra. Per farci finire il campionato di fatto ci hanno ricattato dicendo che se volevamo i premi dovevamo rientrare del fido, praticamente togliendo cinque milioni in un colpo solo, linfa vitale per la società. Perché è successo tutto questo? Potevo prevedere che il Monte acquistasse Antonveneta per 17 miliardi? Forse i sindaci revisori potevano segnalare il disagio che Mps stava vivendo".

Anche con la tifoseria organizzata il rapporto non è idilliaco: "Quando si iniziò a respirare aria di crisi i presunti appassionati della Mens Sana, quelli che ‘La Mens Sana siamo noi’ o ‘La Mens Sana è una fede’ si dovevano fare delle domande. Io avvertivo che la situazione era drammatica, invece trovavo gente che ridacchiava e diceva che tanto una soluzione sarebbe stata trovata. Quelli che sparlano di me devono venire a dirmele davanti. E invece si nascondono dietro falsi blog. Io ho una causa con sette tifosi, non so cosa succederà, è ancora in corso, se la procura dice che hanno ragione a dire che sono un ladro buon per loro, altrimenti sarà bene per me".

Anche per la Polisportiva, che ai tempi era di fatto unica proprietaria con l’87% del capitale, non mancano gli strali: "La proprietà era asfittica, sempre pronta a prendere i soldi ma a farci stare al freddo. Quando c’era l’assemblea dei soci facevamo presente che la nostra capitalizzazione era ridicola rispetto alle altre. Ma non si muoveva niente. Neanche dopo, mi pare: non ho visto dopo questo gran movimento della Polisportiva in favore del basket a Siena. Io non so dove è ora la Mens Sana, non mi sembra ai vertici del basket nazionale e europeo. Eppure mi era stato detto che il giochino lo avrebbero saputo gestire".

Minucci esclude l’ipotesi di tornare nel mondo del basket "Farò il pensionato. Magari scrivo un altro libro, ho ancora in serbo qualche sorpresa, non ho detto tutto. Escludo di tornare, sono stato radiato". Da un bersaglio all’altro: "Egidio Bianchi è l’esempio più lampante di come sia stato premiato chi ha aiutato a estromettermi: uno sconosciuto direttore sportivo di serie B che non sa neanche cosa sia il professionismo, che diventa presidente di Lega è veramente strano. Petrucci ormai viene descritto come l’eterno presidente, non da me. È una persona che si occupa di tutto fuorché di promuovere il basket. L’immobilismo della federazione è il male del basket".

Stefano Salvadori