"Mi estorsero 800mila euro Ripetute minacce di morte"

Imprenditore di Castellina in Chianti racconta i dieci anni da incubo "Fui persino portato in una cava e picchiato", ha detto ai giudici

In aula ieri a sostenere l’accusa il pm Sara Faina.

In aula ieri a sostenere l’accusa il pm Sara Faina.

di Laura Valdesi

Tutti conoscono la sua famiglia a Castellina In Chianti. Benvoluta e benestante. Ma tutto il mondo dorato, frutto di lavoro e maniche rimboccate per generazioni, è crollato durante dieci anni da incubo. Quelli che D.M., 49 anni, originario del borgo chiantigiano, ha raccontato ai giudici nella lunghissima deposizione, finita ieri alle 13 passate. Dove ha ricostruito non soltanto i tre episodi – comprese le minacce di morte – contestati dalla procura ma, in sostanza, dieci anni di ‘non vita’. Di paura e di intimidazioni, iniziate a suo dire nel 2007 e terminate quando un decennio dopo ha trovato il coraggio di mettere tutto nero su bianco in una denuncia ai carabinieri locali di 27 pagine. Militari a cui si era rivolto, in realtà, già due anni prima, con una ‘memoria’. Una sorta di richiesta di aiuto, un primo passo verso il vuotare il sacco che è arrivato in seguito.

Brutta vicenda quella che vede al centro l’imprenditore. E imputate per estorsione due persone, un 69enne ed un 55enne, entrambi di Mondragone, in provincia di Caserta. Non erano in aula ad ascoltare le parole dell’uomo che hanno aperto l’istruttoria di un processo dietro cui c’è tanto dolore. Era entrato in contatto con i due, il più anziano dei quali aveva cercato di carpire la sua fiducia, perché desiderava creare una cantina all’interno dell’immobile del Consorzio. Il suo sogno. Così aveva consegnato, secondo quanto emerso in aula, 800 mila euro. E lì erano iniziati i suoi guai. Un inferno, quei dieci anni dove non erano mancate, secondo l’accusa sostenuta ieri dal pm Sara Faina, minacce e violenze non solo per il denaro ma anche perché non doveva rivolgersi all’autorità giudiziaria. Alcuni episodi riferiti in aula e in querela sembrano film ambientati nel Sud Italia dove la criminalità non scherza. Emblematico quanto avvenne nel 2015. L’imprenditore premeva affinché venisse conclusa l’operazione di acquisto dell’immobile del Consorzio a Castellina. Se non fosse stato così, aveva preso il coraggio a quattro mani, avrebbero dovuto restituirgli tutte le somme che aveva dato loro. Così i due imputati lo avrebbero fatto salire in macchina picchiandolo e minacciandolo. ‘Andiamo in campagna e lì si vede come va a finire’. E ancora: "Lo sistemiamo noi, chi è più forte resta in piedi". Più tardi in bar ancora minacce: "‘Veniamo a Castellina con delle persone e ti si ammazza’". Un clima di terrore. Un florilegio da brivido le frasi usate per intimorirlo, fino a dirlgli che ‘le persone a Mondragone le infilano con una pietra al collo e le buttano nel fiume Garigliano’". Poi la storia di un finto incidente nel quale figurava come parte lesa uno degli imputati: lui doveva firmare una dichiarazione di responsabilità. "‘Se rivuoi tutti i tuoi soldi fai quest’incidente e noi ti diamo il denaro’", le ulteriori minacce. Erano arrivati al punto, secondo quanto riferito in aula dalla parte offesa, assistito dall’avvocato Martina Castellucci di Firenze, di dire all’uomo che conoscevano persone della criminalità organizzata. E ha riferito anche di un presunto pestaggio avvenuto in una cava. Come nei film.