Dalla fiction ’Mare fuori’ a dentro il carcere di Santo Spirito

Il regista Carmine Elia e la moglie Paola Benocci, attrice, hanno incontrato i detenuti. «Nei loro racconti cose inimmaginabili»

Siena, 28 febbraio 2023 – Due mondi diversi, eppure simili. Intrecciati, nella finzione e nella realtà. Mare Fuori racconta di un carcere minorile, di ragazzi interrotti alla ricerca di se stessi. Storie violente e agitate, dolci, esasperate perché la telecamera se ne possa fare portavoce e mezzo. Nella casa circondariale di Santo Spirito, a Siena, i detenuti hanno più di 18 anni, la vita non è una finzione, non c’è un ciak che scandisce i tempi: ma, come Filippo, Carmine o Ciro, i detenuti sono lì per pagare un debito con la società, e anche se fuori non c’è il mare, hanno un percorso da compiere e una vita che andrà, oltre.

A cucire finzione e realtà, ieri, sono state le parole del regista della prima stagione della fiction Rai, Carmine Elia e della moglie, apprezzata attrice, Paola Benocci. «I detenuti si sono riconosciuti su certe cose della serie – dice Elia –, non nelle ‘esagerazioni’ utilizzate per raccontare una verità fittizia. Io non sono un educatore né un sociologo, ho raccontato una storia di ragazzi, per far vedere che non è il luogo che fa diventare delinquente un giovane, ma gli adulti che lo occupano. Dentro al carcere questi ragazzi compiono un percorso, ma se una volta usciti non dai loro strutture, e qui sta allo Stato, non dai loro nuovi percorsi, ritornano a essere quelli che erano».

«Nei racconti fatti all’interno del carcere – aggiunge il regista – ci sono delle cose che non possiamo nemmeno immaginare. Oggi abbiamo visto una realtà in cui ci sono delle persone che si fanno un mazzo così e poi gridano all’allarme per le contraddizioni del sistema carcerario. E’ aberrante che il controllore sia peggio del controllato».

‘Cose che non ci possiamo nemmeno immaginare’. «Gli educatori ci hanno raccontato che alcuni vanno a visitare il carcere chiedendo di vedere i detenuti, come fosse uno zoo. E’ terribile, stiamo parlando di umana gente. Ed è orribile che in una realtà come la nostra piaccia l’angolo oscuro: tutti, per una cavolata, possiamo finire in carcere; un genitore dà uno schiaffo a chi ha fatto del male al figlio, quello accidentalmente cade e sbatte la testa, lui entra all’inferno». Tra realtà e finzione, anche Santo Spirito ha il suo poeta: «C’è un detenuto che scrive da paura» svela il regista. «Erano documentatissimi, sapevano tutto – spiega Paola Benocci –. Ci hanno mostrato dei lavori, hanno letto poesie, hanno recitato, ci hanno fatto vedere un video che hanno realizzato. La discussione è poi sfociata nella condizione dei carcerati che richiedono attenzione e non vogliono essere dimenticati. Ringraziamo per l’invito Ugo Giulio Lurini, insieme al comandante, che ci ha dato questa opportunità, lui che con altri educatori svolge un lavoro continuo con i detenuti, con il suo laboratorio teatrale».

Presenti anche gli insegnanti dell’Istituto Caselli. «Da 7 anni abbiamo una sezione all’interno della casa circondariale – chiude Catlin Giolitti, la referente – e spesso collaboriamo con il Cpia 1 e con Ugo Giulio Lurini. Avevamo preparato i ‘ragazzi’, non solo con una serie di domande ma anche con riflessioni. Molti dei nostri studenti seguono fiction sulle carceri a partire da ’Mare Fuori’, realtà loro vicina: esaminano la loro vita, le proprie colpe, le loro possibilità future».