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Le voci degli architetti. Trentasei visioni di mondo
Le interviste giornalistiche colgono momenti fugaci. Se sono colloqui che puntano a intravedere il carattere di una persona, l’ispirazione che la muove, insomma l’anima che la sostiene nel suo lavoro, possono trasformarsi in testimonianze che colgono lo spirito dei tempi e il nostro modo di affrontarli. Stefano Bucci ha ripreso in un elegante volume conversazioni registrate in un arco di vent’anni, dal 2004 al 2023, e ha intitolato non illegittimamente il raccolto di 36 incontri ’L’architettura ha tante anime’ (Allemandi), proprio per sottolineare che il suo fine non è descrittivo o tecnico, ma punta a capire il senso e le ragioni alla base di progetti realizzati, di piani sognati, di intelligenti o lassiste committenze.
Il libro sarà presentato oggi alle 17,30 nella Sala dell’Accademia degli Intronati. E sarà l’autore a essere intervistato da Marina Gennari. A introdurre il lungo viaggio di Bucci sarà l’architetto Carlo Nepi. È inevitabile sfogliare il testo cercandovi di trovare spunti e giudizi che hanno avuto a che fare con nomi o idee coltivate dalle nostre parti. Nel cosmopolita défilé spicca il colloquio con Guido Canali, che vinse il concorso per il restauro-riconversione del Santa Maria della Scala. Secondo Canali il concetto da seguire era ed è il rigore, non disgiunto da una voglia di divertimento: "L’architetto-divo – confida – rappresenta la negazione stessa della dimensione artigianale e ludica della professione". Gae Aulenti sembra fargli eco: "La prima cosa è ritrovare in un edificio la funzione senza snaturane la storia".
Un bel rompicapo. Non saprei dire se l’intervento alla Gare d’Orsay abbia tenuto fede a questo sacrosanto equilibrio. E nel nostro Santa Maria il ritrovamento delle forme e dei volumi di una volta fino a che punto erano pronti a ospitare le innovazione auspicate? Massimiliano Fuksas ha un villa alle soglie del Chianti e estende il suo sguardo a nodi urbanistici: I centri storici – ammonisce – sono ormai solo ‘spazi per eletti’ da vedere come un museo. Eppure, si continua ugualmente a progettare chiese e musei, perché sono questi che lasciano il segno". Ad un miracoloso progetto si affida ciò che una sana urbanistica non riesce più a produrre. Daniel Libeskind precisa: "L’architettura urbana non è ormai più solo una questione di tecnica edilizia, ma presuppone una sorta di ritrovato orgoglio cittadino".
Richard Rogers sentenzia: "Firenze deve scegliere una volta per tutte: se vuole essere un museo all’aria aperta oppure una vera città. Il suo futuro si gioca su questa scelta": l’affermazione risale al 2004. Pare difficile che la Firenze metropolitana possa diventare la ’città dei cittadini’ predicata da Gregotti. Bucci fa da regista e, a chiusa della sua scorribanda, piazza la voce di una donna ’schiva e sfuggente’, Kazuyo Sejima: è l’ora di dire addio agli esibizionismi delle archistar: bisogna pensare le città come spazio largo, come paesaggio di incontri quotidiani. Occorre pertanto la convergenza di discipline che battano, grazie ad una forte volontà politica, le logiche della rendita e del prestigio isolato, e tendano – Renzo Piano insiste – a ricucire le periferie, ad attivare complessi e solidali scambi comunitari, a stimolare solidali intrecci. Roberto Barzanti