Il Sinappe sulle torture "Usati per fare audience"

Il sindacato autonomo interviene dopo le condanne. Il consigliere regionale Melio:. "No a ogni forma di violenza"

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Condanne degli agenti penitenziari di Ranza per tortura, scende in campo la segreteria nazione del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sinappe). Che interviene su un duplice fronte puntando il dito sulla "ingiusta, denigratoria e decontestualizzata spettacolarizzazione delle immagini. I canali di informazione non devono speculare attraverso un’aggressione mediatica di persone che, anche se avessero sbagliato, non meritano di essere date in pasto all’opinione pubblica solo per soddisfare l’audience". Non vanno insomma usati questi casi per svilire il Corpo. E ancora: "Un agente che assume in sé anche la qualifica di agente di pubblica sicurezza come può operare con serenità e autorevolezza se la sua azione viene messa in discussione quando, ad esempio, per reprimere situazioni critiche o pregiudizievoli per l’ordine a la sicurezza interna si vede costretto a fare un passo indietro piuttosto che agire con la fermezza necessaria per ristabilire la tranquillità intramuraria?".

Dopo la condanna è intervenuto anche il consigliere regionale del Partito Democratico Iacopo Melio. "Non smetteremo mai di ricordare quanto debba restare primario il ruolo di recupero e rieducazione del carcere e della giustizia, ripudiando ogni forma di violenza e di punizione, nel pieno rispetto dei diritti umani e civili - scrive in una nota –; quei diritti che, purtroppo, la cronaca degli ultimi tempi, anche internazionale, ci ricorda essere fin troppo violati, spesso con una barbarie disumana. La condanna arrivata ai dieci agenti - continua -, sebbene sia un segnale, rimane niente in confronto a ciò che il detenuto ha subito: per questo occorre puntare in modo unanime ad una giusta pena, su qualunque fronte, sempre più misurata ai reati commessi. E dobbiamo farlo anche per rispetto verso gli agenti delle forze dell’ordine che, ogni giorno, lavorano in modo esemplare, senza abusare del proprio potere, rischiando comunque la vita".