Dal suo ispirato rifugio di Torrita di Siena, la scrittrice Silvia Cassioli fa già parlare di sé tutta Italia con la sua nuova pubblicazione ’Wilma’ (Il Saggiatore) che a oltre 70 anni, esamina il misterioso e mai risolto caso di Wilma Montesi, giovane donna trovata morta sulla spiaggia di Torvajanica nell’aprile del 1953. "Cercavo un delitto a tema ’annegamento femminile’ – dice l’autrice – abbastanza nebuloso: il caso Montesi era perfetto. La storia mi aveva colpito già da bambina. Alle elementari la maestra ci faceva dire una preghiera, ai tempi si usava, e io avevo pregato che si scoprisse il responsabile di quella morte, cosa di cui mi ero subito vergognata".
Particolare lo stile di narrazione, fra la sceneggiatura e il romanzo: "Ho cominciato a incollare sulla pagina – prosegue Cassioli – le diverse testimonianze e mi sono resa conto che erano contraddittorie. C’era chi diceva una cosa, chi l’esatto opposto, chi una via di mezzo che rendeva il tutto ancora più incerto. Nessuno riusciva a convergere nemmeno su come era vestita la ragazza, in che posizione si trovava rispetto alla riva. Con l’arrivo dei carabinieri, dei giornalisti, dei magistrati, dei medici, dei testimoni e ogni sorta di specialisti, ai fatti si aggiungevano i giudizi insindacabili, i pregiudizi inconfessabili, gli infiniti chiacchiericci finché non si veniva più a capo di niente. Il risultato è un racconto costruito come un collage aggiornato ai nuovi linguaggi, per cui leggendo si ha l’impressione di navigare in rete in mezzo a un mare di informazioni contrastanti".
Oggi il caso sarebbe stato risolto? "La mia sensazione è – afferma Cassioli – che a un affinamento scientifico dei mezzi investigativi non corrisponda per forza una maggiore chiarezza di visione: a volte anzi è il contrario, maggiore l’accanimento, maggiore il senso di imprendibilità delle cose. Ma è un discorso generico, è chiaro che oggi è più semplice inchiodare un colpevole con prove schiaccianti, tipo il dna. Eppure sono convinta che se ne avessero disposto, ai tempi, avrebbero solo aumentato il caos".
La scena italiana: "Cosa resta dell’Italia degli anni ’50? Tante cose. La nostra ossessione per i vestiti, i damerini, le chiacchiere a vanvera, la ’dolce vita’ e le ’belle donne’. Ancora oggi il femminile è un fantasma che spaventa". Dopo gli anni trascorsi fuori, il ritorno alle origini: "A Torrita sono nata, Milano è stata una parentesi importante e molto intensa ma, volendo scrivere, non tanto sostenibile".
Massimo Biliorsi