REDAZIONE SIENA

Il Carroccio, lo specchio di Siena per 33 anni

Il 14 marzo del 1985 nasceva la rivista sulla storia della città e della sua Festa. Diretta da Senio Sensi, una redazione di ’belle penne’

Trentatre anni sono la piena maturità per un uomo, figuriamoci per una pubblicazione che proprio in questo arco di tempo è cresciuta, cambiata, mostrando proprio il cammino di una civiltà, quella senese. Il 14 marzo del 1985 nasceva la rivista "Il Carroccio di Siena", edita dalla TAP di Poggibonsi di Avio Cambi, in questo caso illuminato mecenate, visto lo spirito che ha sempre contraddistinto le scelte editoriali. Il Carroccio, edito fino al 2018, è stato la buona coscienza di una città, parlando spesso di passato ma guardando con occhio attento alle trasformazioni, il che significa poi evitare la retorica del sempre bello ed immutabile.

Nulla è per sempre, meglio affidarci alla memoria. E allora ricordiamo la data di domani, questo 14 marzo, anche se i senesi più attenti avevano già adocchiato il "magrissimo" numero zero che precedette di qualche giorno l’inizio vero di questa avventura. La direzione di Senio Sensi poteva contare su una agguerrita prima redazione: Silvano Carletti, Marco Falorni, Luca Luchini, Alessandro Scali e Antonio Zazzeroni. Il senso "patinato" è stato solo un vezzo estetico che mostrava la accuratezza: la sostanza erano le pagine di storia, le ricerche, ma soprattutto gli interrogativi di dove stava andando la Festa, cosa erano le tradizioni, quali pericoli si potevano correre.

Una rivista per soli senesi? Nulla di tutto questo: la lingua è sempre stata universale, ben comprensibile, adoperando una sola chiave di lettura, l’originalità della civiltà senese. In realtà il merito del Carroccio è stato quello di portare, senza scadere mai di tono o di contenuti, questa bellezza, se possiamo usare questo termine, ad ogni tipo di lettore. Questa rivista non si è mai adagiata nell’estetica, pur assommando testi alle foto, è stata il grimaldello per far meglio comprendere certi passaggi storici o sconosciuti personaggi, in un gioco a crescere che la collezione ci permette di scoprire. Sono stati 173 numeri dove i collaboratori esterni sono stati decine e decine, in un gioco che è iniziato con 20 pagine ed è arrivato a oltre 130, perché erano i contenuti ad esigerlo e non l’ambizione editoriale. Il Carroccio ha adoperato molti linguaggi, dalla trascrizione di manoscritti ai primi supporti audiovisivi, fino ai mezzi più adeguati al presente. Questo passaggio evolutivo, oltre che ovviamente nei contenuti, meriterebbe un adeguato studio, una ricerca approfondita perché semplicemente è lo specchio fedele del mutamento dei tempi, anche per grafica, per linguaggio, per cercata comprensione.

E’ stato un padre che ha accompagnato per mano con affetto e discrezione la ’piccola Siena’, sperando di vederla sempre crescere, soltanto per consapevolezza dei propri mezzi. E lo ha saputo fare anche in giorni estremamente difficili, quasi imbarazzanti. A volte ritornano, viene da sperare, per questo presente così anonimo, perché i colpi di coda fanno bene anche al più modesto futuro che possiamo pretendere. Ma, pensandoci bene, ci meriteremmo oggi una nuova avventura elegante e immaginifica di storie?

Massimo Biliorsi