
Carlo Verdone si racconta al pubblico senese per una immagine raccolta da Augusto Mattioli dove è protagonista anche Maurizio Bianchini, in una amabile conversazione. Il legame della famiglia Verdone con Siena ha una lunga storia ed è indissolubile: dalla nonna Assunta al padre Mario, una grande figura di docente e critico, nato per caso ad Alessandria ma senese purosangue, selvaiolo e uomo che non ha mai reciso il cordone ombelicale con la città, nonostante il suo impegno all’Università di Roma, al Centro Sperimentale, nel portare nel mondo la sua profonda conoscenza delle arti e del cinema. In questo clima, nella casa nel Lungotevere dei Vallati, sono cresciuti Luca, Carlo e Silvia: per chi come me ha avuto la fortuna di essere stato ospite, comprende subito il clima in cui sono cresciuti i tre figli di Mario. L’aria che si respirava era di un continuo contatto con l’arte e con il cinema, crocevia di grandi personaggi. Ma il legame con Siena non si è mai reciso. Carlo viene a fare da giovane l’aiuto regista a Franco Rossetti per il film "Quel movimento che mi piace tanto" del 1976, un sexy movie che non nasconde una sagace ironia sulla borghesia senese.
E poi nel 1992 ci ambienta molte scene per "Al lupo al lupo", film che è un velato omaggio proprio al padre Mario. Il fratello Luca è stato ancor più deciso nell’appartenenza senese: spesso lo vediamo nelle nostre strade, fra un documentario e una regia teatrale, visto che non si è mai sognato di fare a meno della sua casa nel rione di Vallepiatta. Qui fra l’altro ha scritto la sceneggiatura di "La meravigliosa avventura di Antonio Franconi", film omaggio al grande circense di fine ’700, con numerosi agganci al mondo del Palio. Per i Verdone, insomma, Siena è e resta un punto fermo nella storia famigliare, un porto sicuro, il luogo della migliore memoria. Venire qui non è una trasferta ma un ininterrotto ritorno.
Un racconto che parte da quando babbo Mario decideva da Roma di passare qualche tempo nella natia città. Non prendeva quasi mai l’autostrada, preferiva la vecchia Cassia che taglia da Viterbo fino a Proceno, per poi entrare in Toscana. Era un viaggio a ritroso, una esperienza spesso divisa con i tre figli. La memoria di ognuno di noi è una sorta di letteratura intima e privata: siamo certi che Carlo mai dimenticherà le lunghe estati in Vallepiatta. Se la sola uscita per poterla raccontare è l’immaginazione, siamo certi che prima o poi ambienterà qui una delle sue pellicole.
Massimo Biliorsi