Gronchi: "Le verità sull’affare Banca 121 L’asta senza regole fece alzare il prezzo"

L’ex direttore generale di Banca Mps ricorda le fasi della trattativa e il duello con il San Paolo. "I soci salentini cambiarono le condizioni"

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di Divo Gronchi*

Sono passati oltre 20 anni dall’acquisizione da parte del Monte dei Paschi della Banca 121. Molto si è scritto in questi tempi e desidero aggiungere qualche dettaglio che possa contribuire a comprendere una vicenda che comunque ha avuto un ruolo incisivo sullo sviluppo del Monte. Forse il tutto meriterebbe un esame più critico, proprio a partire dalla prima discussione in Consiglio avvenuta il 17 agosto 1999, circa l’impegno di riservatezza, propostoci da Mediobanca per partecipare all’acquisto del 52% della Banca 121. Tale impegno conteneva clausole che attenevano più propriamente alla fase negoziale in quanto potevano configurare, tra l’altro, il rischio di un’asta priva di regole che personalmente contestai (purtroppo questa mia previsione si avverò puntualmente). Il Consiglio invece nel timore di non essere ammessi al processo di vendita, decise di accoglierle.

Per inquadrare l’operazione è importante soffermarci sulla strategia presa alla base della decisione per l’acquisto e sul processo di formazione del prezzo. La strategia delineata dalla Direzione e accolta dal Consiglio di Amministrazione, riguardava lo scorporo della banca tradizionale (filiali) per l’incorporazione nella banca MPS mentre, per la parte innovativa (banca virtuale, promotori e negozi finanziari) la continuità come banca ma federata e integrata nel Gruppo MPS.

Per quanto riguarda il prezzo, in questa fase non vincolante e propedeutico alla partecipazione in data room, doveva riguardare solo il 52% delle azioni possedute dal Patto di Sindacato nella Banca 121, non considerando la quota dei soci di minoranza. Per essere competitivi il Consiglio decise, considerata l’importanza strategica dell’operazione, di attribuire tutto il premio di maggioranza al pacchetto in vendita, tenendo comunque ferma la valutazione complessiva della banca.

Ritengo opportuno precisare che la ’data room’ è un luogo virtuale in cui si può accedere alle informazioni messe a disposizione dai venditori per approfondire la conoscenza della banca in vendita e procedere ad una valutazione più puntuale per definire il prezzo e per l’acquisto. Dall’esame dei dati emerse che Banca 121 era un oggetto complesso, con un modello organizzativo innovatore, idoneo a far fare al Monte un salto qualitativo importante. Una valutazione positiva che tuttavia, per la parte innovativa, ci confortava nel fatto che non doveva essere incorporata nel Monte. Fu prevista invece l’integrazione con Banca Steinhauslin, con la prospettiva della successiva quotazione in Borsa nell’arco di un triennio.

Questa strategia quindi permetteva, da un lato, di integrare le filiali tradizionali di Banca 121 rafforzandoci quindi al Sud e, dall’altro, tenere separata la nuova linea di business per valutare la compatibilità dei processi operativi prima della completa integrazione nel Gruppo.

Per la determinazione del prezzo vincolante da comunicare ai venditori, nella seduta consiliare sorsero difficoltà a considerare esclusivamente i dati prospettici forniti dalla controparte, senza alcuna validazione da parte di terzi. La controparte accettò la richiesta di far validare i dati, in contraddittorio, da un advisor da noi individuato. Il Consiglio decise, dopo i risultati del confronto, il prezzo vincolante da partecipare a Mediobanca.

Ricevute le offerte, il Patto di Sindacato, preoccupato per la propria reputazione nei confronti degli azionisti di minoranza - residenti prevalentemente nel Salento - nel caso in cui la differenza di prezzo tra le due componenti fosse eccessiva, decise arbitrariamente di considerare le condizioni di acquisto del pacchetto di minoranza parte integrante per la valutazione delle offerte dei due competitor (MPS e Banca San Paolo).

Si trattò quindi di passare dalla prima richiesta di vendita del 52% al 100% della banca. L’obiettivo di acquisire la totalità delle azioni era già stato da noi previsto, in quanto avrebbe dato maggiore flessibilità nelle decisioni strategiche da assumere. La valutazione però della quota di minoranza doveva essere oggettivamente prevista in cifre minori, sganciate dalla valutazione del pacchetto di maggioranza. A questo punto fu ovvio per tutti che eravamo in presenza di asta senza regole, disciplinate ad arbitrio dei venditori, con l’aggravante che nessuno dei due contendenti voleva essere perdente nella disputa.

Con l’inserimento nella trattativa della quota di minoranza, si falsava in modo inaccettabile l’intera procedura. Qualche consigliere osservò che ci trovavamo impigliati in una procedura anomala. Personalmente espressi opinione contraria a qualsiasi tipo di accordo. Nonostante tante perplessità espresse da molti consiglieri, il cda deliberò all’unanimità il proseguimento della trattativa e la valutazione levitò inevitabilmente a valori incongrui e non preventivati.

Successivamente ci fu comunicato che era stata attribuita proprio al San Paolo l’esclusiva per la trattativa, in considerazione del progetto industriale di massima valorizzazione del ruolo tradizionale della Banca del Salento nel meridione. Il nostro consulente rilevò una carenza nella procedura da parte di Mediobanca e il Consiglio del MPS decise di approfittarne per reinserirsi nella trattativa. Non potendo competere sul piano strategico proposto dal San Paolo, il Monte decise di far leva sull’aspetto economico e di governance; la Banca del Salento fu di conseguenza ulteriormente valorizzata, raggiungendo l’importo di 2.500 miliardi di lire quasi duplicando la valutazione originaria.

Non avendo concluso con il San Paolo, l’offerta fu accettata ed il prezzo fu corrisposto parte in contanti (600 miliardi pari al 24%) e parte in azioni (1.900 mld pari al 76%); furono diluiti tutti gli azionisti con ripercussioni sulla valutazione di mercato.

Il piano industriale fu rivisto, da Andersen Consulting e da De Bustis, sostanzialmente integrando la visione MPS e quella di Banca 121 e inserito negli accordi preliminari alla vendita sottoscritti il 23 dicembre 1999.

Com’è terminata dopo pochi anni la vicenda è cosa nota a tutti.

In conclusione, sono sempre stato favorevole all’acquisto di Banca 121, attuando la strategia proposta ed approvata dal Consiglio di amministrazione, a condizione però che fosse seguita la normale prassi di mercato, senza forzature nelle modalità di svolgimento del processo di vendita, come avvenuto.

* ex direttore generale Mps