MAURIZIO BETTINI
Cronaca

Festa dei laureati, «La cultura? È il superfluo indispensabile»

Ecco uno stralcio della lectio magistralis del professor Bettini al Graduation Day

Graduation Day (Foto archivio Lazzeroni)

Siena, 22 giugno 2018 - Un professore universitario incontra un collega che sta uscendo da un’aula, dopo aver fatto lezione, e gli chiede a bruciapelo: ‘secondo te che cosa è la cultura?’ L’altro resta interdetto per qualche secondo poi risponde: ‘la cultura è quel lusso che può permettersi mia moglie’. Questa scena non me la sto inventando, è avvenuta davvero. Il professore che faceva la domanda era Gaetano Salvemini, un grande storico, valoroso antifascista arrestato e processato dal regime, costretto a fuggire dall’Italia. Ricordare Salvemini, a Siena, significa correre col pensiero ad un altro intellettuale antifascista, fatto uccidere in Francia dal regime, Carlo Rosselli, che a Siena si era laureato nel 1921 e che a Salvemini fu particolarmente legato. Ma torniamo al dialogo far i due professori. L’altro interlocutore era invece un imprecisato professore di cui non sapremo mai il nome: e forse è meglio così. Evidentemente costui intendeva dire che sua moglie aveva il tempo di leggere dei romanzi, di andare ai concerti, di frequentare i teatri, mentre lui questo tempo non ce l’aveva. Cosa diavolo avrà mai avuto da fare, questo collega, che non riusciva neppure a leggere un romanzo? Lasciamo perdere, a volte i professori sono persone strane.

La cosa interessante per noi è un’altra, ossia che Salvemini, poco soddisfatto dalla definizione di cultura ricevuta dal collega, propose la propria: «La cultura è la somma di tutte quelle cognizioni che non rispondono a nessuno scopo pratico, ma che si debbono possedere se si vuole essere degli esseri umani e non delle macchine specializzate. La cultura è il superfluo indispensabile». Dunque per Salvemini la cultura è quella capacità mentale, intellettuale, che non serve immediatamente a qualcosa di concreto, a uno scopo pratico, e in quanto tale è superflua: ma la cui presenza costituisce la condizione indispensabile per coloro che vogliano essere degli umani, e non macchine specializzate nel compiere una certa operazione. Non c’è dubbio che Salvemini, il quale aveva ricevuto a suo tempo una buona formazione classica, pensasse la cultura” attraverso l’immagine che ne fornisce la tradizione romana. Ciò che noi definiamo cultura, infatti, in latino porta direttamente il nome di humanitas. Evidentemente i Romani pensavano che solo chi possedeva una cultura potesse dirsi veramente uomo, che la cultura – l’istruzione, l’educazione – costituisse per l’uomo un requisito indispensabile. A parere dei Romani insomma essere colti ed essere uomini era praticamente la stessa cosa».