
La vicenda. della presunta violenza è stata denunciata alla polizia (foto archivio)
di Laura ValdesiSIENA"Due versioni discordanti", sottolinea il pubblico ministero Elisa Vieri. "Non c’è motivo di astio della persona offesa nei confronti del ragazzo, si fa remore anche a denunciare", aggiunge in aula. "Si confida con gli amici, racconta sempre la solita versione", spiega ancora mentre in aula non vola una mosca. E al termine della sua requisitoria, alle 13.30, chiede che il giovane senese seduto accanto agli avvocati Francesca Brombin e Cristiana Campoccia venga condannato a 4 anni. Il pm Vieri, dunque, ritiene che da quanto emerso nel dibattimento davanti al collegio presieduto da Fabio Frangini, la sera del 5 febbraio 2022 nel Chianti sia avvenuta una violenza sessuale. Che l’imputato, giovanissimo, abbia abusato di una 17enne nel casale di famiglia messo a disposizione per la festa fra giovanissimi che si erano ritrovati per la finalissima del Festival di Sanremo che sarà poi vinto da Mahomood e Blanco con ’Brividi’. La giovane ieri era in tribunale, sostenuta dai suoi legali, Antonio Cambò e Francesca Rossi. Le parti hanno tutte concluso ma, alle 16, il presidente Frangini ha rinviato l’udienza per eventuali repliche e per la sentenza su questa delicata vicenda.
Il gruppo di adolescenti si era ritrovato per mangiare e stare insieme nel casale del Chianti. C’erano ragazzi del posto ma anche senesi. Qui la minorenne sarebbe stata stuprata dal giovane amico, facendosi poi venire a prendere all’alba dalla madre. "Era scioccata, tremava – aveva raccontato in tribunale la donna – lungo il tragitto non ha parlato, Piangeva. Era in pigiama. Ho chiesto se voleva andare in ospedale ma ha detto di no, era impaurita. Ho fatto quello che mi ha chiesto".
La ragazzina non aveva denunciato a cuor leggero quanto accaduto. C’era un forte rapporto di amicizia con l’imputato. "Frequentava la nostra casa, la sera a volte restava anche a dormire", aveva testimoniato la madre del ragazzo nel luglio scorso. L’avvocato dell’adolescente, Antonio Cambò ha passato in rassegna le testimonianze in aula di tanti ragazzi criticandole a più riprese: "Pensavano di venire in tribunale a raccontare storielle?", tuona. "Molti hanno riferito di ’approcci non graditi’ da parte della mia assistita", aggiunge. E ancora: "Aveva 17 anni, quali segnali doveva mandare per dirgli che non doveva fare niente?". E interroga: "Quale è l’elemento da cui in questo quadro emerge il consenso?". Cambò conclude spiegando al collegio "che a noi non interessa una pena esemplare ma giusta, la condanna più mite possibile. Tutti e due i ragazzi hanno perso in questo processo".
Breve pausa dell’udienza, si riprende alle 14 passate. Parla la difesa. "Dalla ricostruzione svolta dal collega Cambò sembra che ci sia la certezza di come si sono svolti i fatti. Ho molti dubbi", l’incipit dell’avvocato Brombin che all’inizio dell’udienza, con l’altro legale Campoccia, aveva chiesto di poter depositare una relazione psicologica sul percorso che il giovane stava svolgendo trovando però la porta sbarrata dal ’no’ del collegio. "E’ la ragazza stessa a non essere certa che ci sia stato un rapporto completo", prosegue soffermandosi su aspetti molto delicati. Declinando le date che la scandiscono – dalla denuncia del 12 febbraio all’incontro al centro antiviolenza del 16 –, seminando dubbi: "Perché il ragazzo avrebbe fatto quella cosa il 5 quando poteva farla a casa sua quando non c’era nessuno?"