Siena, 12 marzo 2024 – “Non ho ammazzato questa signora". E ancora: "Sono salito in casa verso le 14. Era sulla sedia. Le alzai la testa, misi dito indice e medio sul collo, come si vede nei film, per sentire se era viva". Flash della testimonianza, durata quasi tre ore, del 39enne ucraino in carcere dal settembre 2022 per l’omicidio di Anna Maria Burrini in un palazzo di Largo Sassetta. Strangolata con un laccio, sostiene la procura. L’uomo non solo ha negato di essere l’autore del delitto della pensionata, ma ha fornito una ricostruzione dei fatti che contrasta con quella della nipote, ascoltata in Corte d’assise l’udienza scorsa. Quando descrisse una rapina finita male, la fuga dall’appartamento senza sapere se fosse viva o morta, negando totalmente il concorso nell’omicidio. Insomma, nessuno dei due accusati si è macchiato del delitto per cui entrambi sono sotto processo, stando alle loro deposizioni.
Il pm Sara Faina, per due ore, ha sollecitato ieri l’ucraino con domande e contestazioni. Freddo e senza tradire emozioni, a tratti aiutato dall’interprete, l’uomo ha ammesso l’uso di stupefacenti e qualche volta di cocaina. Gli era capitato di fumare insieme all’operaio che il 26 settembre 2022 dette l’allarme alle forze dell’ordine perché Anna Maria Burrini non rispondeva. Ricostruisce il primo tentativo, andato male, di prendere il denaro della pensionata, il 2 agosto.
"Quasi ogni giorno mia nipote mi chiedeva di rubare questo denaro, prima gli ho detto che non m’interessava, poi lei mi ha convinto", sostiene l’ucraino. Conferma la scusa inventata per andare in casa – "il 25 settembre decidemmo di presentare mia nipote come possibile acquirente di un locale" –, il giorno dopo la rapina finita con la morte della pensionata. Più volte durante la deposizione dello zio la 25enne ucraina scuote la testa e parla con il suo difensore, l’avvocato Francesco Paolo Ravenni. "Rimasi di sotto", prosegue l’imputato riferendo che i soldi falsi servivano per mostrarli alla Burrini e rendere credibile economicamente l’acquirente. Nega di conoscere il dimedrol, farmaco che sarebbe stato messo nel succo per cercare di addormentare, senza successo, la pensionata. Il pm Faina, affiancata in aula dal procuratore Andrea Boni, affonda sottolineando che sono state trovate impronte dell’uomo sul collo della vittima e tracce di dna sotto le sue unghie. Si difende. Era salito alle 14 perché la nipote gli aveva telefonato.
"Non risulta alcuna chiamata – lo smentisce il pm –, nessun contatto dall’analisi dei cellulari". Ma l’imputato non fa una grinza. E quando più tardi interviene l’avvocato di parte civile Max Giordano Marescalchi per focalizzare meglio questo momento, l’ucraino sostiene che la nipote gli disse "di aver fatto casino". Sarebbe stata sempre quest’ultima a chiedergli di spostare la pensionata dalla cucina in camera. Fu afferrata da entrambi, sbattè la testa in quella circostanza, sostiene sempre lo zio. E quando l’uomo dice di non aver mai ammazzato nessuno, il pm gli ricorda che è stato in carcere 13 anni per omicidio nel suo paese di origine. "Io materialmente non ho ammazzato nessuno", rivendica.
Un racconto complessivamente dissonante rispetto a quello fatto subito dopo il delitto e poi, a inizio 2023, al pm. "Non dissi di essere salito nella casa per proteggere mia nipote", si difende ancora. Nega di aver avuto con sé un laccio ma getta ombre sulla giovane, accusata del delitto con lui, quando riferisce alla corte di assise di aver notato nel secchio della spazzatura di casa di quest’ultima, la sera dell’omicidio, un paio di scarpe nuove. Emerge inoltre dal lungo racconto che l’obiettivo era la rapina. Furono presi i gioielli, l’ex compagno dell’imputata, secondo il 39enne, voleva vendere la collana preziosa dell’anziana.