Brindisi amaro per gli eroi del Covid. "A noi solo una pacca sulla spalla"

Il presidente degll’Ordine professioni infermieristiche, Michele Aurigi: "Abbiamo dato prova di dedizione e competenza. Ma servono valorizzazioni economiche e formative"

Ieri era la Giornata degli Infermieri

Ieri era la Giornata degli Infermieri.

Siena, 13 maggio 2022 - «Quanto sia necessario che l’infermiere sia sempre più ‘ovunque per il bene di tutti’ lo ha dimostrato la pandemia ricordandoci che la salute si tutela in ospedale, ma anche sul territorio. Bisogna investire e sviluppare modelli come quello dell’infermieristica di famiglia e comunità, perché la presenza capillare dell’infermiere sul territorio è fondamentale". Lo afferma Michele Aurigi, presidente dell’Ordine delle Professioni infermieristiche di Siena, nella Giornata internazionale dell’infermiere, che ieri ha unito idealmente 13 milioni di professionisti che operano in tutto il mondo e che quest’anno ha avuto come tema ’Ovunque per il bene di tutti’.

L’Opi a Siena scenderà in strada domani, dalla mattina fino al primo pomeriggio, con uno stand in piazza Matteotti dove gli infermieri senesi saranno a disposizione dei cittadini per offrire dimostrazioni pratiche e distribuire gadget. Una giornata di festa per tanti professionisti - nel Senese l’Ordine infermieri ha 1.900 iscritti - ma anche l’occasione per una ’tirata d’orecchie’ a quel sistema sanitario nazionale che continua a snobbare una categoria protagonista tutti i giorni e tanto più nei due anni di pandemia.

Presidente Aurigi, come stanno gli infermieri?

"Abbiamo trascorso un altro anno difficile, nel quale abbiamo continuato a dare prova di dedizione e competenza, ricevendo però scarsi riconoscimenti tanto in termini economici, quanto in termini di sviluppo sociale e professionale. Ancora una volta la ‘pacca sulla spalla’ pare sia ciò che il ‘sistema’ ritiene debba essere il ringraziamento per gli infermieri. L’assistenza è centrale per il cittadino tanto quanto la diagnostica e la terapia, ma per i decisori politici spesso pare essere un di più. Ma oggi è una giornata celebrativa, la nostra festa, pertanto insieme ad un grido di allarme riguardo la sofferenza della professione, rivolgo un sincero ringraziamento a tutti i colleghi orgogliosamente professionisti dell’assistenza, da sempre, ovunque per il bene di tutti".

Quali sono le sofferenze?

"Ce ne sono in termini numerici, ma soprattutto penso alle mancanze in termini di valorizzazione. Prima di tutto economica: non ci sono stati riscontri durante la pandemia a fronte di un impegno immane. Poi ci sono le mancanze formative, che contribuiscono a rendere debole la categoria: le professioni infermieristiche sono da vent’anni all’Università con un corso di laurea tenuto, per il 99 per cento, da docenti e ricercatori a contratto, non strutturati. E purtroppo ci sono pochi dirigenti infermieri, poche strutture assistenziali a gestione infermieristica, con aspettative disattese e una formazione non riconosciuta".

E poi ci sono i numeri, pochi infermieri formati?

"Il mercato del lavoro impiega tutti e la pandemia ha riempito i buchi vuoti, più nel pubblico a discapito del privato, comprese le Rsa, che si sono trovate nell’emergenza senza personale, assunto dalla sanità pubblica in tutta fretta. Per quanto riguarda le nostre aziende sanitarie e ospedaliere non posso dire ad oggi che ci siano carenze: ancora ci sono servizi Covid attivi, dunque bisogna attendere un po’ per vedere come si stabilizza la situazione".

La sofferenza è indubbia?

"La politica ha dettato tagli al personale per recuperare fondi alla sanità: queste le scelte scellerate del passate, con ricadute attuali. La ripartenza deve puntare sui modelli assistenziali, ovvero quei numeri che un servizio sanitario deve avere: è previsto un infermiere ogni sei assistiti. Detto questo, credo che questi numeri non ci siano nelle nostre Aziende".

Paola Tomassoni