
Omar Calabrese, scomparso cinque anni fa
Siena, 31 marzo 2017 - Maurizio Boldrini, docente universitario e giornalista: chi era Omar Calabrese?
«Una personalità poliedrica: studioso di semiotica di chiara fama e professionista della comunicazione, autore televisivo e collaboratore di mille testate, uomo impegnato nella politica e catalizzatore di figure intellettuali di primo piano. Per Siena un polmone di vitalità di respiro nazionale e internazionale, per me un amico fraterno».
Cosa significò il suo arrivo all’Università di Siena?
«Scienze della comunicazione era appena partita per volontà del rettore Luigi Berlinguer, del presidente di facoltà Maurizio Bettini, del primo responsabile del corso di laurea Sebastiano Bagnara. Lui insegnava al Dams, ma gli venne subito offerto di trasferirsi qua. E lui contribuì in maniera decisiva a far diventare questa realtà la più importante d’Italia».
Perché? In cosa fu decisivo?
«Erano gli anni in cui esplodeva la comunicazione in Italia, lui era al centro di quella dinamica e portò con sé anche Siena. Molti conservatori facevano resistenza, si opponevano all’ingresso di certe materie di studio nelle aule austere degli atenei. Ma lui contribuì a far passare, anche nell’opinione pubblica, l’importanza di quegli studi».
Cosa ha lasciato, a cinque anni dalla morte?
«L’eredità più importante è la scuola di semiotica radicata all’Università, a partire dal suo allievo Tarcisio Lancioni e dal centro di semiotica a lui intitolato. È stato uno di quegli intellettuali che la città a volte tende a dimenticare, per questo è importante che l’ateneo ricordi figure come lui, come Antonio Tabucchi, come Riccardo Francovich che hanno segnato una stagione indelebile».
Oggi sarà anche inaugurata la sala a lui dedicata, che valore ha?
«È un modo per segnare la storia dell’Università. La moglie Francesca Buttà ha donato tutti i volumi sulla comunicazione, la filosofia, il patrimonio artistico, circa 7500 volumi. Ma mille in particolare, componenti la sua stupenda collezione di libri d’arte, saranno consultabili a scaffale aperto nella sala che gli verrà intitolata nella biblioteca umanistica».
C’è un ricordo particolare su Calabrese fuori dalle aule universitarie?
«Eravamo una coppia imbattibile a tressette... Lui amava molto il gioco, non a caso uno dei suoi libri più famosi si chiama Serio ludere. E a casa sua capitava di incontrare Umberto Eco o Luciano Berio, Antonio Tabucchi o il cineasta del momento. Era il catalizzatore di uno straordinario fermento culturale, anche quando si divertiva».
Orlando Pacchiani