
Ogni volta che chiude una libreria è come se si spegnesse una luce. La città diventa più buia. È successo altre volte, in passato. La Ticci, la Bassi, Cartazucchero, la Scientifica. Qualche mese fa, la Feltrinelli ha chiuso il negozio dedicato ai libri d’arte. E oggi tocca alla Palomar. Quando la saracinesca che si è abbassata in via Rinaldini si alzerà di nuovo, oltre quella porta non ci saranno più libri, con le loro storie e le loro emozioni, ma altro. Magari un bar, una pizzeria, un negozio di allegri souvenir per turisti. Comunque, altro. Certo, ogni attività commerciale ha il suo valore, contribuisce al tessuto sociale ed economico di una città, ma di libri si nutre l’anima, anche di una città. E quando quella luce si spegne, un pezzetto di quell’anima si perde.
"Abbiamo subito in modo drammatico gli effetti della pandemia", racconta Massimo Marinotti, il titolare. Senese, da trent’anni vive a Grosseto, dove il 21 maggio del 1988 ha aperto la sua Libreria Palomar, che oggi si trova in piazza Dante. Qualche anno fa, il sogno di tornare a Siena con una nuova libreria, che diventa realtà il 9 settembre del 2017. Il nuovo progetto prende il largo, ma dopo poco più di due anni si scontra con l’iceberg del covid e del lockdown. "Lavoravamo molto con gli studenti universitari – spiega Marinotti – e durante quel periodo sono rimasti a casa. Hanno comprato online, come ormai fa un sacco di gente".
Anche se i librai hanno riaperto subito, sperimentato in prima linea sanificazioni e distanziamenti, il volume di affari non è più decollato. "C’è stato un profondo disinteresse – prosegue con amarezza il titolare – un sacco di gente passava, si fermava alla vetrina, poi andava a fare una foto alla Torre del Mangia. Non ci sono stati aiuti pubblici. Anzi. Volevamo allestire un piccolo bar, come abbiamo fatto per la libreria di Grosseto, e consentire alle persone di fermarsi un po’ a leggere. Il sindaco si è mosso per darci una mano, ma la parte tecnica del Comune non ci ha consentito di farlo".
Il peso degli affitti non ha certo aiutato. Ci saranno sicuramente attività più redditizie, tali da garantire rendite più stabili ai fondi commerciali. E una libreria sconta anche questo. Ma certe cose si spiegano male. "Mi chiedo per quale motivo in una città come Siena – è lo sfogo di Marinotti – con la sua storia, i suoi musei e l’università le librerie si trovino a chiudere. È doloroso, anche perché perdiamo le professionalità che avevamo formato. E sicuramente avrò fatto i miei errori, di cui mi prendo la responsabilità, ma vedo il rischio che tutta questa cultura, alla fine, resti solo una facciata. Ultimamente, ho visto tanta gente che mangiava e beveva, ma alle presentazioni di libri partecipano in pochi. Non ci sono festival letterari e il movimento culturale mi sembra assente. I senesi dovranno riflettere".
Riccardo Bruni