CECILIA MARZOTTI
Cronaca

Il buco dell'Università: "I viaggi finti di Miccolis smascherati dai pedinamenti"

L’ex direttore amministrativo dell’Università ha già risarcito l’intero danno erariale alla Corte dei Conti

L’inchiesta sul buco dell’Università è stata eseguita dalla guardia di finanza

Siena, 1 ottobre 2014 - FINALMENTE il processo sul «buco all’università» è entrato nel vivo. Dopo diversi rinvii l’udienza fissata per il pomeriggio di ieri ha visto sfilare sul banco dei testimoni due militari del nucleo tributario della Guardia di Finanza che avevano fatto le indagini e l’attuale rettore Angelo Riccaboni. Nella scorsa udienza — c’era stata l’otto luglio — il collegio aveva ammesso l’Università di Siena e l’Inps quali parti civili nonostante che tutti i difensori degli imputati si fossero opposti alla richiesta. «Il buco» di oltre 200 milioni è stato oggetto di un’inchiesta durata oltre un anno e che aveva portato le Fiamme Gialle a spulciare i bilanci dal 2004 al 2007 per cui oggi risultano indagati in quattordici, tra cui i due ex rettori Piero Tosi e Silvano Focardi (quest’ultimo presente come sempre in aula a differenza dell’altro), imputati a vario titolo di abuso d’ufficio, falso ideologico e peculato. Secondo l’accusa avrebbero «gonfiato i bilanci per far apparire sano lo stato di salute dell’istituzione contabilizzando residui attivi inesistenti per decine di milioni». E proprio a fronte di questo l’Università e l’Inps avevano chiesto e ottenuto di essere ammessi al processo come parti civili.

I due organismi sono rappresentati in aula dagli avvocati Mariagrazia Invitto ed Edoardo Urso. I testimoni di ieri erano stati chiamati dal pm Antonino Nastasi. Con il primo è stata affrontata la questione relativa alla gestione del bar all’interno del San Niccolò affidata alla società Mamele. Il maresciallo della Finanza nel rispondere alle domande ha confermato che i loro accertamenti erano partiti dopo un’intercettazione telefonica relativa alla «salute economica» dell’Università. Lo stesso testimone ha detto che l’affidamento della gestione del bar che serviva due facoltà non solo avvenne senza che fosse indetta una gara d’appalto, ma soprattutto che la comunicazione data da Focardi al consiglio di amministrazione (era il 17 marzo del 2008) avvenne prima che la stessa società si costituisse e che questo avvenne il 26 marzo del 2008. Su questo fronte sono sotto processo anche i quattro soci della «Mamele».

E SEMPRE nell’udienza di ieri è stata affrontata con lo stesso testimone anche la posizione dell’allora direttore amministrativo Emilio Miccolis che è difeso dall’avvocato Luigi De Mossi. L’inchiesta sul buco dell’Università è ampia e per questo pm e difensori hanno stilato a suo tempo una lunga lista di testimoni ciascuno dei quali deve rispondere su precisi argomenti. Il Miccolis aveva sostituito Loriano Bigi (anche lui è imputato in questo stesso processo) e la sua posizione fu presa in esame dopo un esposto anonimo giunto alla Guardia di Finanza e alla Corte dei Conti. Dall’esposto ha detto il testimone emergeva che il dottor Miccolis usava l’auto di servizio e gli autisti dipendenti dell’Università per i suoi frequenti viaggi (soprattutto nei fine settimana) da Siena a Fiumicino dove poi prendeva l’aereo per raggiungere Bari, la sua città. L’Università copriva tutti i costi e anche quelli degli autisti che dormivano in albergo in atteso del ritorno dello stesso direttore amministrativo di quel tempo. Il maresciallo della Finanza sollecitato dalle domande del pm Nastasi ha confermato che lo stesso Miccolis fu perfino pedinato dai finanzieri dopo che gli stessi avevano appurato che i viaggi che lui segnava per lavoro così non erano, così come non tornavano i suoi viaggi a Roma dove lo stesso avrebbe detto essere stato perché aveva appuntamenti con persone del Ministero. «Numerosi i documenti trovati che lo avevano smentito. In più avevamo raccolto anche delle testimonianze che sono state tutte depositate». Miccolis ha già risarcito il danno erariale calcolato dalla Corte dei Conti.

L’UDIENZA di ieri si è conclusa con la testimonianza del rettore Angelo Riccaboni. Quest’ultimo ha parlato di un grande disagio nel guardare quello sbilancio di 51 milioni quando lui fu eletto rettore. Ancora prima era oltre i settanta milioni di euro. Ha spiegato quanto fosse importante mettere in ordine il bilancio perché questo se non lo fosse stato praticamente obbligava l’Università a non assumere più. Il processo sul «buco all’università» proseguirà il 17 febbraio del prossimo anno e verranno sentiti altri testimoni. Tra loro ci saranno anche i due considerati «chiave» dalla procura.