Bisogni, il Gladiatore dell’Istrice

Una foto una storia La cena della vittoria del 2000 è stata l’epilogo perfetto di un duce storico in Camollia

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E’ la sera del primo autunno del 2000: la Fortezza Medicea è colma di istriciaioli festanti per aver interrotto a luglio un lungo digiuno. La Cena della vittoria comincia sulle note di Hans Zimmer, con la voce di Lisa Gerrard, del Gladiatore con l’immortale brano "Now we are free". Si illumina l’anfiteatro e una piccola schiera di bambini scendono con il Palio. In testa c’è Umberto Bisogni, che sarà poi il conduttore della lunga festa dei quattro colori. E’ una sorta di splendido epilogo, il coronamento del suo lungo e mai interrotto innamoramento con la sua Contrada, per un viaggio che ha attraverso tempo ed anni, che lo ha visto essere il "duce perfetto" non solo dell’Istrice, per portamento e stile.

Dalla foto di Augusto Mattioli a quella serata settembrina era già passato molto tempo: ma il suo protagonista aveva sempre saputo interpretare al meglio la sua passione, in primis di senese e poi di istriciaiolo, offrendo anche nel mondo editoriale la sua passione di ricercatore, di fidanzato eterno del suo rione. Basterà per questo ricordare la pubblicazione "Suonavano le sette", che esamina con competenza l’evoluzione del Regolamento del Palio. Ma sempre con modestia, con uno stile che era poi il suo modo di approcciarsi agli altri, un garbo unico che si esprimeva in una sconfinata simpatia.

Si dice spesso e talvolta con superficiale retorica che "persone così non se ne trovano più". Probabilmente sono sempre state rare e sempre lo saranno. Che se ne vanno in punta di piedi, senza fare rumore, ma lasciano una traccia indelebile. Forse il nostro errore è quello di non permettere che i giovani conoscano, pur attraverso gli scritti e gli episodi di una vita, cosa hanno fatto personaggi come Bisogni. Quale esempio sono stati e quale Contrada hanno trovato e quale invece hanno lasciato. Bisogni mi rammenta la Camollia degli anni settanta che conosco bene: la lavanderia di Dino, le biciclette del Fanciullini, la trattoria di Giacomino, il barbiere Attilio e altre certezze del tempo, scandite dagli uomini e dalle stagioni. E poi il passaggio dei cavalli da parata il giorno del Palio, che arrivavano dalla vicina Sclavo. La comparsa dell’Istrice si muoveva lenta verso la piazza e il duce era sempre lui: ieratico e solenne, con quel viso rinascimentale che è indimenticato per certe generazioni. Il tempo non è passato invano e quella sera in fortezza, dove ho avuto la fortuna di esserci alla regia, si è chiuso un magnifico cerchio.

Massimo Biliorsi