Bagoga, mezzo secolo in cucina Una storia di amore e di Palio Con un volo da Siena al Giappone

"L’infortunio di Morgan nel Drago rinviò l’esordio in Piazza al 1970. Montai nella Civetta, caddi al primo giro. Mi buttai sui fornelli, nel ’73 ho rilevato la Grotta di Santa Caterina e ci ho aggiunto il mio soprannome".

Bagoga, mezzo secolo in cucina  Una storia di amore e di Palio  Con un volo da Siena al Giappone

Bagoga, mezzo secolo in cucina Una storia di amore e di Palio Con un volo da Siena al Giappone

E’ una storia d’amore, questa. Una "bella storia di cucina", 50 anni di passione e di sacrifici, di riconoscimenti e sentimenti tramandati. E’ la storia di Pierino Fagnani, Bagoga, della Grotta di Santa Caterina. Significa ‘albicocca’ in montalcinese, bagoga e il soprannome glielo ha dato il suo omonimo, proprietario della rosticceria Monti in Calzoleria, dove, diciottenne, iniziò a fare il lavapiatti. Persi entrambi i genitori, Pierino in collegio non voleva andarci, di studiare non aveva voglia, Don Gino, parroco di Montalcino, terra che gli ha dato i natali, gli trovò questo lavoretto. "L’unico possibile: avevo ivitto pagato, prendevo 24mila lire, 18 erano per la camera".

Riavvolge il nastro, Bagoga. Gli occhi lucidi, la voce orgogliosa. Torna al lunedì di Pasqua del ’66 quando con amici andò al maneggio di Pian delle Fornaci "Montai, pagarono loro". Ecco l’opportunità. "Becchere, non ricordo più il vero nome, si accorse che con gli animali ci sapevo fare, del resto da piccolo mi ero occupato di bestiame da una famiglia di contadini. Mi propose di andare a dargli una mano, mi avrebbe dato qualche soldino. Così ogni mattina montavo in bici, come Aceto, e mi recavo al maneggio. A luglio portammo i cavalli in Piazza. La sera dopo mi chiamò l’Aquila per montare Selvaggia, di difficile gestione a San Martino, Pippinello non se la sentiva. Noi avevamo delle 500, lei era una Ferrari: giuro, non mi ricordo niente di quei tre giri. L’anno dopo montai nella Chiocciola e nel Drago. Dovevo andare al Palio, ma il cavallo si infortunò. Nel ’70 ho corso nella Civetta ma sono cascato al primo giro: per buttare in terra Canapino ci sono andato io".

Il destino aveva ben altro in serbo. "Quando mi feci male alla spalla capii che quella del fantino non era la mia strada: avevo tanta volontà, forse anche poco cervello, ma non mestiere. E allora mi buttai sulla cucina". I primi passi, Pierino, li ha mossi alla Badia, alla Tognazza. Ha poi lavorato dal Bindi, in piazza del Campo, poi al Vecchio Maniero al Colombaio. E poi la grande chance. "Nel ’73 ho rilevato la Grotta di Santa Caterina. Ci ho aggiunto il mio nome. E sono ancora qua. Grazie ai senesi, ai clienti, agli amici, ai dipendenti, circa 300, in 50 anni. E ai fornitori, in particolare la Lavanderia senese e la Omif, con noi dal primo giorno".

L’intuizione proporre la nouvelle cuisine in largo anticipo ("Mi chiamavano il ‘pannaio’") e il ritorno alla tradizione, ma sempre al passo con i tempi. E dal 2010, per tenere salde le radici a Montalcino, ecco la Famiglia Fagnani: una linea di vini di propria produzione: brunello, rosso e un igt che ha preso nome Anna dall’ultima nata.

Sì perché la storia di Bagoga è anche la storia di Francesco, che ha ereditato dal ‘babbo’ l’amore e la dedizione per questo lavoro, e della piccola Anna. "La ‘cittina’ ci sa fare. Ma deve sapere che serve sì, la passione, ma servono anche sacrificio e fatica". Questa è la storia di Bagoga ("che soddisfazione quando per ben due volte mi hanno riconosciuto in Giappone!"), la storia di un uomo che ha davvero cavalcato la vita.

Angela Gorellini