di Diego Mancuso
Diversi anni fa Silvia Calamandrei scopre su internet i diari di una bambina che aveva frequentato le scuole in Cina, subito dopo la rivoluzione di Mao. Quella bambina era proprio lei, quei diari erano i suoi diari di bambina: un libraio antiquario aveva scovato quelle agendine su una bancarella al mercato capitolino di Porta Portese e le aveva pubblicate online. Da quel ritrovamento, Silvia Calamandrei, presidente della Biblioteca Archivio ’Piero Calamandrei’ di Montepulciano, decide di ricostruire la sua vita rocambolesca, la sua esistenza sdoppiata tra Cina ed Europa.
L’esito è autobiografico, senza mai essere autoreferenziale: s’intitola ’Attraverso lo specchio. Cina andate - ritorni’ ed è diventato anche un caso mediatico, per l’autorevolezza delle firme e delle testate impegnate a trattare i molteplici temi affrontati in 160 pagine intense e avvincenti.
Perché scrivere di sé stessa, della sua anima divisa tra Cina e Occidente?
Il 2020 era l’anno del cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche - racconta Silvia Calamandrei - tra Italia e Cina e avevo concepito un programma per ricordarne le origini, fin dagli anni Cinquanta. Invece la pandemia scoppiata in Cina si è estesa a livello globale, e ci siamo sentiti riavvicinati in una comune esperienza. La mia anima cinese è riaffiorata, avevo il bisogno di farci i conti e di ricostruire il percorso di questa relazione radicata nell’imprinting dell’infanzia, vissuta a Pechino dal 1953 al 1956".
Il libro, pubblicato da Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2021, segue un percorso cronologico fatto, appunto di ’andate e ritorni’.
"Nel ’53, all’età di sei anni, arrivo in Cina, con mio padre Franco Calamandrei, corrispondente de l’Unità, e mia madre Maria Teresa Regard, anche lei giornalista. Vengo da due anni a Londra, dove ho frequentato già la prima elementare, ma in Cina la mia è un’età ancora da asilo. Questo mi favorisce perché imparo più facilmente la lingua. Dopo tre anni rientro in Italia e dimentico la Cina, la lingua e la cultura. Dopo la laurea, nel ‘69, riprendo a studiare il cinese e nel ’74 parto con una delegazione di studenti, mi trattengo circa un anno, vivo direttamente sulla mia pelle (e sulle mie idee) il confronto tra la Cina che trovo e quella che ricordavo e che avevo idealizzato".
Suo nonno Piero era fortemente legato, fin dall’infanzia, a Montepulciano, luogo collegato in maniera singolare (e anche sorprendente) alla Cina: la coincidenza la colpisce?
"A Montepulciano Piero Calamandrei aveva una residenza che io ho molto frequentato, affezionandomi al luogo e portando qui, in epoca molto più recente, le mie conoscenze e i miei interessi. Quasi inevitabilmente, quindi, nel libro Montepulciano diventa uno degli ’sfondi’ della narrazione, perché, dal 2007, la Biblioteca diventa punto di riferimento e centro propulsivo di studi e attività rivolti verso la Cina. Stabilisce un rapporto fisso con l’Hanban, istituzione del Ministero dell’Istruzione cinese, che concede l’installazione di un Chinese Corner, inviando periodicamente libri, promuove e organizza iniziative ed eventi lungo questa ideale linea di collegamento con l’Oriente".