
Calde estati che si susseguono una dopo l’altra, peggiorando di anno in anno. Un fatto oggettivo e per niente aleatorio. È possibile verificarlo anche sul territorio e l’esempio è l’Arbia. Lo strazio e il grande scempio che ebbe quando le sue acque si tinsero di rosso, per lo scontro del 1260 nella piana di Montaperti fra le truppe fiorentine e senesi, trova oggi un suo riverbero - seppur con toni diversi - per la grande siccità.
"Tortura e strage", sono queste le parole utilizzate da alcuni abitanti per descrivere il letto del fiume che ora è percorribile a piedi, con qualche pozza d’acqua stagnante.
"Gli affluenti sono secchi da diverso tempo, sicuramente da un paio di mesi - afferma Andrea Pagliantini -. Le piogge sono rare d’inverno, figuriamoci ora. I torrenti sono secchi da prima dell’inizio dell’estate e ora lo è anche l’Arbia. È completamente a secco". La grande siccità sta annientando, quindi, anche le forme di vita tipiche di questi specifici corsi d’acqua; ciò, in altre parti della Toscana, viene evitato, con l’aiuto di volontari, della polizia provinciale, di associazioni di pescatori che spostano i pesci dai torrenti in secca, trasportandoli negli invasi più vicini. "I pesci, ora, sono ben pochi – continua Pagliantini – per la tutela di questa tipologia viene a verificarsi un rimbalzo di competenze.
Un meccanismo che porta i nostri torrenti e fiumi a morire. Dal 1969, non avevo mai visto l’Arbia in queste condizioni. Anche se devo sottolineare che da svariati anni ciclicamente viene a verificarsi tale situazione".
L’odore malsano dell’acqua stagnante, un brodo tiepido dove ci sono ancora cavedani, trote e barbi, è quello che si può scorgere oggi nel torrente citato addirittura nella Divina Commedia, per l’esattezza il decimo dell’Inferno. "In questa zona – conclude Pagliantini – per quanto riguarda l’agricoltura, si può parlare di oliveti e vigne, ma tutte le aziende si sono organizzate con pozzi. Il problema della siccità, però, attanaglia le viti appena nate. Non ci sono invasi né dighe, il vero problema è l’approvvigionamento idrico per le famiglie. Dell’acqua ne viene fatto un uso smodato. Siamo in una zona molto turistica e questo utilizzo aumenta in estate. Occorre premura e lungimiranza. Il consiglio è quello di ritornare, almeno in parte, alla mentalità dei nostri avi contadini, che avevano pozzi per l’acqua piovana e molti altri meccanismi di risparmio. Credo che sia opportuno ritornare a una cultura della tutela e della cura ambientale".
Lodovico Andreucci