Abiti sequestrati donati ai poveri Oltre 14mila capi dati alla Caritas

Il procuratore Marini: "Cosa che ci riempie di gioia". Indagate dieci persone per quel carico diretto nelle Marche

Abiti sequestrati donati ai poveri  Oltre 14mila capi dati alla Caritas

Abiti sequestrati donati ai poveri Oltre 14mila capi dati alla Caritas

di Laura Valdesi

CHIANCIANO

Niente uova di Pasqua. Ma un regalo più utile per le famiglie. Scarpe, maglioni e giacconi. Pantaloni. Ben 14mila capi di abbigliamento sequestrati dalla Finanza al casello di Bettolle nella notte fra il 22 il 23 novembre 2021: dopo una perizia tecnica che ne ha escluso la nocività per la salute e per l’ambiente, sono stati donati alla Caritas affinché ne beneficino tante persone che mai potrebbero permettersi indumenti nuovi. "Pensiamo di aver fatto una cosa molto positiva", osserva il procuratore Nicola Marini presente ieri a Villa Simoneschi, a Chianciano, per la consegna del maxi-dono ai volontari. "Che ogni giorno si occupano di circa 702 famiglie (e dunque quasi 3mila persone) che hanno necessità di assistenza e sostegno nella sola diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza. Erano una trentina nel 2019", fotografa il fenomeno il direttore della Caritas poliziana Giuliano Faralli.

"Un’iniziativa di grande valenza sociale", la definisce il comandante provinciale della Finanza Giuseppe Marra spiegandone l’origine. Tutto nasce dal controllo di un camion al casello di Bettolle. "Il carico complessivo era di 50mila pezzi. Emersero elementi di criticità, dalle modalità di confezionamento al numero eccessivo di documenti di trasporto. Erano ben 122", racconta il comandante. Il carico diretto da Prato a Civitanova Marche. "Solo 11 delle 28 persone fisiche si sono fatte avanti per reclamare il materiale per cui un migliaio di capi di abbigliamento sono stati restituiti ai legittimi proprietari avendo i requisiti necessari per la vendita mentre i restanti 14mila, come detto, dopo una perizia tecnica e il dissequestro della procura vengono ora donati ai bisognosi". C’è anche un’inchiesta sulla vicenda che vede indagate una decina di persone per reati che vanno dalla frode in commercio al made in Italy mendace. "Anziché distruggerli, visto anche il numero elevato, siamo stati tutti d’accordo nel farne un’utilità sociale", conclude Marra.

Alcuni capi di abbigliamento sono stati esposti ieri a Villa Simoneschi dove c’era anche il sindaco di Chianciano Andrea Marchetti a cui è andato il "grazie" della Finanza perché nell’ultimo periodo ha messo a disposizione senza oneri i locali per accogliere 14mila capi di abbigliamento. Custoditi infatti, dopo lo stazionamento iniziale a Torrita, nell’ex sede dell’istituto alberghiero di Chianciano. "Controlli come questi sono all’ordine del giorno per le fiamme gialle – ha osservato il procuratore Nicola Marini –, nel caso attuale la quantità ci ha indotto ad evitare la distruzione, vista la particolare situazione economica e sociale. Il materiale elettrico che violava le norme di sicurezza e le regole del mercato è stato distrutto mentre l’abbigliamento verrà distribuito dalla Caritas secondo necessità. Una cosa che ci riempie di gioia e speriamo possa far stare meglio molte persone".

Non soltanto le circa tremila della Diocesi di MOntepulciano-Chiusi-Pienza che ne hanno bisogno ma anche molte altre nelle province vicine e nel resto d’Italia. Il direttore Faralli, infatti, si è già messo in contatto con i vertici nazionali per capire dove indirizzare il materiale donato grazie alla sinergia fra procura e Finanza. "Dopo le indagini, per questo li ringrazio, gli uomini delle fiamme gialle si sono prestati a fare gli operai per sistemare il materiale", osserva Faralli.

"Due mondi che si uniscono, quello delle forze dell’ordine e della Chiesa. Non è la prima volta, ci occupiamo di tutte le situazioni di disagio", spiega il cardinale Augusto Paolo Lojudice che conferma il sempre maggior numero di famiglie da aiutare. In larga parte italiane. "Ci sono stati tanti cambiamenti e problemi che hanno fatto cambiare in maniera abbastanza repentina le condizioni di molte persone. Ci sono anche fratelli che vengono da fuori, tutto ciò richiede che una comunità sociale, in particolare quella cristiana, si faccia carico", aggiunge il cardinale. "In quale zona è più forte l’emergenza? In Valdichiana sì ma direi è in Valdelsa che nell’attuale fase storica trovo la maggioranza di immigrati. A Siena da parecchi mesi esiste l’emergenza pakistani che – conclude Lojudice – si affronta con un dialogo costante con le istituzioni per dare una mano".