di Elena Sacchelli
Il suo ultimo libro pubblicato da Einaudi è "Mirabilis. Cinque intuizioni (più altre in arrivo) che hanno rivoluzionato la nostra idea di universo" e per Ersilia Vaudo, tra queste, la forza di gravità di Newton è forse la più straordinaria. Astrofisica e chief diversity Officer dell’Agenzia spaziale europea, Ersilia Vaudo - che sabato sarà relatrice di Mirabilis, appuntamento del Festival della Mente alle 14.30 in piazza Matteotti - è anche una delle fondatrici de ’Il Cielo itinerante’, associazione che riesce a portare "meraviglia" in realtà italiane difficili, coinvolgendo bambini e ragazzi e facendoli appassionare a materie scientifiche. Un modo per meravigliare, ma anche per meravigliarsi.
Cos’è per lei la meraviglia? O meglio quando Ersilia Vaudo si meraviglia?
"Come racconto in Mirabilis la meraviglia si manifesta quando avviene quella scossa di reale come la definì Victor Hugo quando osservando per la prima volta la luna dal telescopio rimase terrificato, cambiando la percezione del mondo che aveva intorno a sé. La scossa di reale è esattamente quel momento in cui si passa dall’ignorare al conoscere e dopo non si è più gli stessi. Credo che non ci sia niente di più emozionante dell’uscire fuori dalla zona di conforto, perdere i nostri punti di riferimento, trovarne di nuovi e scoprire bellezza anche al di la del mondo di cui abbiamo esperienza".
C’è stato un momento preciso in cui lei ha capito che voleva occuparsi di astrofisica?
"Sono nata a Gaeta, una piccola città sul mare nel sud Italia e sono sempre stata una bambina molto curiosa. Ricordo benissimo che mia mamma, biologa chimica molto appassionata di matematica e scienza, sui barattoli della cucina non scriveva zucchero o sale ma la formula chimica degli alimenti per incoraggiarci a un linguaggio diverso da quello delle parole. La scienza mi ha attratto sin da piccola, ma mi piacevano molto anche le materie umanistiche. In quinta liceo, da adolescente tormentata, avrei potuto scegliere di iscrivermi a filosofia, ci ho pensato, ma poi ho compreso che fisica mi avrebbe dato più possibilità di crescita e anche di meravigliarmi, pur facendomi mantenere i miei interrogativi esistenziali".
Perché crede che le materia Stem siano più difficilmente accessibili al mondo femminile? Quanto influiscono il contesto familiare e l’educazione scolastica?
"I dati dimostrano che a scegliere di studiare materie Stem, quelle con una forte componente di matematica come fisica o astrofisica, solo un quarto del totale siano donne. Tra le motivazioni, ci tengo a sottolinearlo, non c’è assolutamente una differenza di capacità, ma a incidere in maniera determinante sono proprio il contesto sociale e familiare. La mia convinzione è che già dalle elementari le bambine vengano lasciate fuori dalla matematica, senza la quale approcciarsi a quelle materie diventa se non impossibile molto difficile. Per quanto riguarda l’Italia i dati di Ocse Pisa hanno registrato che proprio in Italia esiste il più gran divario di genere per la matematica".
Lei è una delle fondatrici di ’Il cielo itinerante’, associazione che ha l’obiettivo di avvicinare alle materie Stem bambini e bambine che vivono in condizioni di povertà educativa. Ma come si fa a portare il cielo dove solitamente non arriva?
"Concretamente con il nostro pulmino raggiungiamo località, e abbiamo già toccato 60 comuni in cui è stata riscontrata una forte povertà educativa offrendo una giornata dove si insegna ai ragazzi a cucinare comete, a costruire razzi e osservare gli astri con un telescopio. Con Italia Brilla siamo riusciti a proporre anche campus di una settimana, rivolti a bambini fra i 10 e i 14 anni. In questi casi l’attività diventa chiaramente più ricca".
Com’è stata, in questi primi anni di esperienza con Il Cielo itinerante, la risposta dei ragazzi e delle loro famiglie?
"Ottimo, i ragazzi sono entusiasti e si meravigliano quando entrano in contatto con qualcosa che prima non conoscevano. Lo si vede dai loro occhi che brillano ed è qualcosa di straordinario. L’impatto sui ragazzi, registrato dall’Ipsos, è davvero molto positivo: c’è la voglia di continuare a scoprire e a sperimentare. Devo dire che anche le famiglie hanno accolto molto bene i progetti, riconoscono la loro efficacia e percepiscono l’emozione dei propri figli".