
Sarzana, 29 agosto 2023 – In scena alla ventesima edizione del Festival della mente, sabato alle 10 al cinema Moderno, ci sarà anche il tema spaventosamente e purtroppo perennemente attuale della violenza di genere. Un altro domani: questo il titolo dell’appuntamento di approfonditaMente che vedrà la proiezione del docufilm che indaga sulla violenza nelle relazioni affettive realizzato da Silvio Soldini e Cristina Mainardi. In vista dell’appuntamento, "La Nazione" ha rivolto alcune domande al regista Silvio Soldini.
Filo conduttore di questa edizione del Festival della Mente è la meraviglia. La domanda sorge spontanea. In un altro domani, indagine sulla violenza nelle relazioni affettive, dove si può trovare meraviglia?
"Chiaramente in un tema del genere è molto difficile, forse impossibile vedere meraviglia e il docufilm è un viaggio in un argomento che di meraviglioso non ha proprio nulla. Però vedere come certe persone, come ad esempio una madre a cui è stato ucciso il figlio, siano riuscite a trovare il coraggio di andare avanti dopo un dolore così immenso è a suo modo una cosa meravigliosa. Io intendo la meraviglia come un modo in cui guardare il mondo, non stancandosi mai di conoscere, di emozionarsi e di scoprire cose nuove".
Lei invece durante la realizzazione del lavoro che ha condotto insieme a Cristina Mainardi si è meravigliato?
"Si mi sono meravigliato in molti momenti anche diversi fra loro. Mi sono meravigliato scoprendo che alcuni autori di violenza, come ad esempio nel caso dello stalking, non avevano idea di ciò che stavano facendo nel momento in cui stavano in realtà commettendo un reato. Mi sono poi illuminato durante il lavoro di ricerca parlando con esperti dell’argomento, un argomento così complesso del quale all’opinione pubblica arriva soltanto la punta dell’iceberg ovvero in molti casi, un triste epilogo. In realtà c’è moltissimo che andrebbe capito prima, c’è tutto il sommerso da comprendere e di cui io stesso sono diventato consapevole attraverso questo lungo lavoro. La speranza è che questo film, che analizza di cause e evidenzia come la prevenzione sia essenziale, possa rendere consapevole anche chi lo vede. Quello della violenza di genere è un tema da combattere quotidianamente e internamente, perchè putroppo esiste".
Cosa l’ha spinta a realizzare Un altro domani?
"Il tema della violenza affettiva mi ha sempre interessato molto e da tempo ero rimasto affascinato da ’Ti do i miei occhi’, uno splendido prodotto spagnolo di 20 anni fa, lì era nata la voglia di allargare il discorso, informarsi e creare un prodotto eterogeneo. La scintilla che ha fatto partire il tutto è stata però la richiesta del questore della provincia di Savona, Alessandra Simone che sabato sarà presente all’incontro e che è propugnatrice del protocollo Zeus, un progetto importantissimo che si aggiunge all’ammonimento del questore e che mira a rieducare l’autore di violenza, facendolo entrare in contatto con psicologi e altri operatori. Alcuni intraprendono un percorso, altri no ma è stato dimostrato che attraverso il protocollo Zeus la recidiva è diminuita del’8%" .
Una delle caratteristiche del Festival della mente è quella di affrontare ogni argomento con un approccio multidisciplinare. Anche nel docufilm viene indagato il fenomeno della violenza affettiva da diverse prospettive. Giusto?
"Sì, è un viaggio all’interno dell’argomento che partendo dalle volanti che arrivano sul luogo del delitto, si apre a ventaglio approfondendo il discorso a 360 gradi. All’interno di Un altro domani c’è la voce preziosa degli operatori del settore, quella dei procuratori, di giudici, di vittime e anche quella di alcuni uomini autori di violenza. Tutto questo vuole cercare di far comprendere da dove arriva la violenza e come prevenirla. Potrei definire il prodotto realizzato insieme a Cristina Mainardi come un tuffo nella violenza affettiva da cui bisognerebbe riemergere più consapevoli".
Con la meraviglia, ovvero con l’amore e la cura, si può sconfiggere la violenza?
"Non credo che basti l’amore, ma la cura magari sì. E con cura intendo anche e soprattutto l’imparare a prendersi cura di se stessi, ad ascoltarsi. Nel film in questo senso si inserisce la testimonianza di un ragazzo sudamericano che non smetterò mai di ringraziare per averci raccontato la sua esperienza, mettendoci la faccia e la voce. Lui è uno dei pochissimi che quando ha capito che stava diventando violento nei confronti della sua compagna ha voluto intraprendere un percorso e ha capito che in quei momenti si innescava in lui un meccanismo che riproduceva la violenza che lui stesso durante l’infanzia aveva subito. In lui ho notato una capacità di sapersi ascoltare purtroppo rarissima".