
Un momento dell'inaugurazione
Santo Stefano Magra (La Spezia), 21 luglio 2025 – “Sono fiero del coraggio e delle scelte fatte da mio padre, e sono altrettanto convinto che le scelte contrarie al Nazismo e al Fascismo fatte da tutti i militari italiani internati nei campi di concentramento, spesso pagate con la vita, debbano essere ricordate dalle giovani generazioni”.
Una cerimonia toccante ha dato nuovo lustro al parcheggio situato sopra via Circonvallazione, dietro piazza della Pace a Santo Stefano Magra. L’amministrazione comunale tutta, accogliendo la mozione del consigliere Luciano Mondini di Italia Viva, componente del gruppo misto di minoranza e presidente della commissione consiliare Ambiente, ha intitolato il piazzale per onorare la memoria e il sacrificio di tutti i militari italiani internati nei lager nazisti dal settembre 1943 al settembre 1945. Alla cerimonia erano presenti tutte le autorità, la sindaca Paola Sisti, le forze dell’ordine, gli alpini, la Filarmonica di Santo Stefano.
Il padre di Luciano Mondini, Gaetano, fu tra i militari internati. Giovane carabiniere di una sezione armata impegnata a Valona, fronte albanese, venne fatto prigioniero dalle forze militari germaniche con un’azione subito successiva all’Armistizio firmato il giorno prima. “Una storia nella storia – ha raccontato Mondini –. Il termine internati militari italiani è la definizione attribuita dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori della Germania nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell’armistizio da parte dell’Italia, l’8 settembre 1943”. Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle fila dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania.
“Nei campi di concentramento del Terzo Reich vennero deportati circa 600 mila militari italiani con lo status di Imi – spiega Mondini –, i quali rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei tedeschi. Le condizioni di lavoro erano estremamente disagevoli. Il luogo di lavoro poteva distare dal campo di internamento dai due ai sei chilometri, sovente da percorrersi a piedi. A fronte di un intenso impegno lavorativo non corrispondeva un’alimentazione adeguata. Dai racconti dei reduci si apprende che era prassi comune cercare bucce di patate e rape nelle immondizie, o cacciare piccoli animali come topi, rane e lumache per integrare le magre razioni. Era quasi impossibile procurarsi prodotti per l’igiene personale”. La malattia era spesso una conseguenza delle dure condizioni di vita. “Fra gli Imi si articolò ben presto anche una rete di resistenza, anche solo in modo ’passivo’ vista la situazione coercitiva, contro il nazismo e il fascismo. Furono organizzate cellule e perfino radio clandestine. Non è stato stabilito ufficialmente il numero degli Imi deceduti durante la prigionia. Gli studi in proposito stimano cifre che oscillino tra 37 mila e 50 mila”.
Nell’aprile del 1945 la guerra finì e Gaetano Mondini venne liberato assieme agli altri prigionieri sopravvissuti: pesava soltanto 47 chili per 180 cm di altezza. Gli stenti e la poca salute sopportati sia durante la guerra che soprattutto nel periodo di internamento nel campo di concentramento lo portarono ad ammalarsi e morire molto precocemente non ancora sessantenne. Fu la storia di questi eroi che morirono per la libertà, a cui il largo è stato dedicato.