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Universitari senza casa La Monash: "Firenze? No, li vogliamo a Prato Ma serve lo studentato"

La direzione dell’università australiana ha deciso che tutti i ragazzi devono trovare una sistemazione in città: è un modo per viverla meglio "Ma ci scontriamo con i limiti degli alloggi. E’ necessario un campus".

Universitari senza casa La Monash: "Firenze? No, li vogliamo a Prato Ma serve lo studentato"

AAA Cercasi studentato. Da troppi anni la richiesta rimbomba in città senza avere mai trovato gambe. Per le università straniere che hanno scelto Prato per aprire il loro "campus" toscano sarebbe una boccata d’ossigeno invece di essere costrette a fare sempre i conti con l’affanno di trovare alloggi per gli studenti che arrivano dall’Australia e dagli States. Dopo il brusco stop per la pandemia, alla Monash University Prato Centre e alla New Haven Tuscany Campus gli studenti sono tornati volentieri, ma non possano contare su una struttura unica per viverci.

Quando, ormai da un anno, l’australiana Monash ha riaperto la sede di palazzo Vaj e ripreso la regolare attività dei corsi, la direzione universitaria ha deciso che tutti gli studenti dovevano trovare un posto letto a Prato. Messa da parte l’esperienza di contare anche su sistemazioni a Firenze come era accaduto in passato, trovare stanze per tutti, fuori e dentro le mura cittadine, non è stato davvero facile. "Ci teniamo tanto che i nostri studenti vivano la città, in condivisione anche degli alloggi – spiega Cathy Crupi, center manager della Monash – ma questa nostra scelta ha evidenziato ancora di più l’esigenza di un pensionato per gli studenti. Sono oltre vent’anni che ci siamo insediati a Prato e troppe volte si è parlato di trovare una soluzione, ma sempre senza risultati. Dobbiamo affidarci ad alberghi e residence che svolgono bene il loro compito, ma si tratta di realtà frammentate, disperse sul territorio. In un anno transitano da noi circa 700-800 studenti, ma soprattutto, a giugno-luglio e a novembre-dicembre, accogliamo anche duecento studenti contemporaneamente e allora è una rincorsa per reperire un posto letto a tutti. Gli studenti – aggiunge – trovano servizi adeguati anche in alberghi e residence, ma ogni struttura è diversa e non è come disporre della stessa residenza universitaria. Vivere spazi comuni amplifica l’esperienza che i giovani fanno. Lo sappiamo bene noi che abbiamo familiarità con i campus".

Il problema è molto sentito anche alla New Haven dove, però, possono contare su un dormitorio adiacente alla struttura universitaria, entrambi in affitto dalla Curia, ai quali si aggiungono stanze in alberghi e residence. "Siamo a Prato dal 2012, i nostri corsi si sviluppano in autunno, gennaio e in estate. Trecento studenti all’anno. In uno stesso periodo di tempo ospitiamo una cinquantina di studenti. Siamo convinti che l’esperienza formativa dei giovani sarebbe più ricca se potessero vivere insieme – sottolinea il preside Kewin Murphy – Siamo nel centro storico e i giovani respirano tutto quello che è la città, ma lo studentato resta un obiettivo e se ne parla davvero da tanto tempo". Le università straniere che hanno scelto Prato e portano questo nome nel mondo, nonostante i troppi anni passati a discutere di studentati, non smettono di credere che si possa ancora realizzare. La città ci crede davvero?

Marilena Chiti