Uccise il coinquilino durante la lite. L’imputato non ha mai confessato

E’ cominciato il processo a carico del marocchino accusato di aver ammazzato e tentato di dare fuoco al cadavere di Said Jaador ritrovato in uno stabile abbandonato. Alla sbarra anche un italiano.

Uccise il coinquilino durante la lite. L’imputato non ha mai confessato

Uccise il coinquilino durante la lite. L’imputato non ha mai confessato

Verrà processato in rito abbreviato Abdelhadi Hajjaj, chiamato da tutti Madani, marocchino di 51 anni, difeso da Enrico Martini, accusato di omicidio volontario e occultamento del cadavere del coinquilino, Said Jaador, 36 anni. E’ cominciato ieri il processo a carico dell’uomo che avrebbe ucciso e nascosto, bruciandolo, il corpo del connazionale, poi ritrovato dalla polizia il 9 maggio dell’anno scorso, in uno stabile abbandonato in via di San Paolo. Insieme a lui è finito a processo, Claudio Stefanini, 55 anni, che, secondo l’accusa, avrebbe aiutato Hajjaj a nascondere il cadavere. Stefanini ha scelto rito ordinario, dopo che la procura – il fascicolo è stato seguito dal pm Alessia La Placa – ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti e due.

L’udienza, cominciata ieri dopo un primo rinvio la scorsa settimana, è stata rinviata a fine maggio. Ieri il giudice ha accolto solo la richiesta di rito abbreviato per Hajjaj e la costituzione di parte civile della moglie e della figlia della vittima.

Madani, clandestino e con una lunga lista di precedenti di polizia, tutt’ora in carcere, non ha mai confessato di essere l’assassino del coinquilino: i due avevano subaffittato insieme da Stefanini una stanza in una casa non distante dal luogo del ritrovamento del cadavere.

Il fatto risale alla fine di aprile, inizio di maggio di un anno fa. La polizia aveva raccolto elementi a carico di Abdelhadi Hajjaj durante le indagini per la scomparsa di Jaador. Il trentaseienne non dava più notizie di sé dal 18 aprile. La moglie, raccogliendo anche le preoccupazioni dei parenti in Marocco, aveva presentato denuncia di scomparsa il 21 aprile e si era rivolta a "Chi l’ha visto".

Nelle settimane successive, sia la donna che i familiari di Jaador avevano ricevuto delle strane foto che ritraevano campi e stabili abbandonati, ma non quello dove era stato portato il corpo. Un tentativo, secondo la polizia, di sviare le indagini. La certezza di quello che era accaduto si ebbe solo la mattina del 9 maggio quando la polizia trovò il cadavere dell’uomo, mezzo bruciato, nello stabile in via di San Paolo. I sospetti ricaddero su Madani che, raggiunto in strada, fu invitato a comparire in Questura. Al termine dell’interrogatorio, nel quale non confessò l’omicidio, venne arrestato. Nella prossima udienza ci sarà la discussione sull’abbreviato e sul rinvio a giudizio di Stefanini.

Laura Natoli